Oggi abbiamo con noi Mike e Matt dei DeeCracks strafichissima band austriaca che a colpi di dischi e live si è ritagliata uno spazio non indifferente nei cuori dei punk rockers di tutto il mondo. Ciò nonostante i ragazzi non si sono montati la testa, si tratta di persone molto alla mano e con idee molto condivisibili da tutti noi.
Ciao ragazzi, la felicità è davvero tanta di avervi tra le pagine di Punkadeka. Avevo preparato un‘intervista incredibile con tante domande interessanti, innovative e molto stimolanti per la band, ma mi si è spento il computer e purtroppo sono volate via. Mi dispiace ma vi toccano delle domande del cazzo. Spero non ne siate dispiaciuti.
A marzo uscirà un nuovo disco che molti stanno morendo dalla voglia di ascoltare, prima di parlarne però vorremmo sapere come avete passato quest’ultimo anno come band. Come siete sopravvissuti a tutto questo casino?
MIKE: Ok, beh siamo stati un po’ sfortunati. Dopo il Sweet Sixteen Festival tenuto all’Arena a Vienna nel settembre del 2019 abbiamo deciso di prenderci una pausa fino a marzo 2020. Eravamo reduci da oltre 80 show tenuti durante tutto l’anno (un po’ stanchini? nds) e Matt voleva prendersi del tempo per lavorare al nuovo disco. Siamo rimasti fregati! In reltà abbiamo realizzato un 7“ intitolato “Can’t Get It Right“ su Striped Records (recensito qui dal sottoscritto) e organizzato un tour per promuoverlo che comprendeva Italia, Francia, Spagna e Germania, tutto spostato però a data da destinarsi. L’unico show del 2020 è stato quello tenuto all’a Arena Beisl open air, uno dei miei preferiti di sempre perché è stato davvero grande tornare a suonare dal vivo. Visti i tempi abbiamo fatto ciò che si poteva fare come del resto tutti hanno fatto. Siamo in salute e stiamo andando alla grande e questo è ciò che conta.
Il periodo insolito ci ha messo in una strana posizione verso il futuro, di conseguenza fare piani è alquanto difficile e a volte addirittura impensabile. Voi come vi state ponendo come band? Avete trovato un vostro modo per fare progetti o viaggiate a vista?
MIKE: Non ci resta che lavorare con gli unici mezzi disponibili al momento. Stiamo pianificando degli show e un tour per la seconda parte del 2021 ma è davvero difficile poter dire se ciò potrà accadere. Nei mesi passati abbiamo cercato di trovare modi alternativi per rimanere in contatto con i nostri fans. Abbiamo lavorato sul nostro canale Youtube e i social postando molto materiale. Ho anche condotto una specie di talk show chiamato DeeTalks. Roba del genere insomma. Stiamo anche realizzando molti video a supporto dell’album, ci stiamo impegnando molto per realizzarli.
In Italia il governo fin dal primo giorno di lockdown ha dimenticato completamente l’ambito musicale e artistico in generale, cosa che continua fino ad oggi, mettendo in crisi tutto il settore costringendo al fallimento molti clubs, teatri, compromettendo gravemente tutte le figure professionali che vi ruotano intorno. Cosa accade in Austria?
MIKE: Oltre che musicista sono anche un organizzatore di eventi musicali professionista, e non sono certo tempi facili per queste professioni anche qui. fortunatamente ricevo un supporto economico legato ai fondi statali che mi tiene a galla e questo è un bene. Nonostante ciò vediamo molti clubs e attività chiudere senza l’idea che possano mai riaprire e tutto ciò è davvero straziante. Purtroppo quella dei club è un’infrastruttura molto difficile da rimettere in piedi dopo una crisi. Resto comunque convinto che gli artisti e la loro arte sopravviveranno sempre in qualche modo.
Qui da noi etichettare creando generi e sottogeneri è purtroppo molto in uso da parte del pubblico e anche da parte di chi è nel medesimo ambiente musicale. Tutto ciò crea dei confini ridicoli che spesso fanno nascere degli scontri di pensiero minando addirittura la possibilità di azione delle band. Secondo voi perché chi ascolta musica ha questa strana necessità?
MATT: Penso che tutti vogliano qualcosa per sé stessi e che le persone abbiano una necessità di appartenenza innata. È divertente come la scena punk cerchi costantemente di autodistruggersi non accettandosi a vicenda. Devi ascoltare il “giusto tipo” di punk per farne parte. L’unica cosa che tutti i sottogeneri punk hanno in comune è che non tollereranno mai il successo.
Avete mai avuto problemi con le labels o producers con cui avete collaborato? Sono sempre stati rapporti limpidi?
MIKE: Tutto dipende dalla trasparenza e dalla lealtà, non lasciare mai che nessuno ti rubi la libertà. Non siamo mai stati fregati o limitati da nessuna delle etichette con cui abbiamo lavorato. Inoltre non abbiamo mai avuto contratti scritti con nessuno di loro, ma li rispettiamo e loro ci rispettano. In questo “cosmo” punk rock la maggior parte delle persone vuole il meglio per tutti quelli coinvolti e ciò vale anche per noi.
La vostra miscela sonora è molto potente e “internazionale”, nelle vostre canzoni da un album all’altro la scrittura si arricchisce pur non snaturando il sound, anzi intensificandolo. In pratica si sente che siete avidi ascoltatori di generi differenti da quello che suonate. Vuotate il sacco e diteci subito cosa ascoltate che qui ci sono delle scommesse in atto (io ho puntato sul conuntry root)
MATT: Country Root (non del tutto sicuro di cosa sia) è un’ipotesi folle, anche se mi piace la musica country in una certa misura. Scrivere e ascoltare musica dipende molto dall’umore. Amo il garage, il beat, il pop e il surf degli anni ’60, il punk degli anni ’70, il power pop e l’hardcore degli anni ’80. Ci sono così tante band del passato da ascoltare che nominandole tutte probabilmente arriverei a quelle dei primi 2000 quando avrò 85 anni (incrociando le dita). Credo che non sia davvero salutare per un cantautore/band rimanere nella sua bolla, ascoltando solo un certo stile di musica e poi fondamentalmente ridursi solo a copiarlo, sai? A proposito, spero che tu non abbia perso troppi soldi con la scommessa.
Come nasce un vostro album? Componete costantemente facendovi ispirare dal vostro quotidiano o vi date un periodo preciso per creare affinché si rispetti una scadenza?
MATT: La mia vita, ciò che mi infastidisce, mi stimola o stupisce è l’unico argomento di cui scrivo. Penso di non aver mai scritto una canzone di fantasia. Ho Garage Band sempre aperto sul mio computer così che io possa registrare ogni volta che ho l’ispirazione. Una volta iniziato a comporre, non riesco a fermarmi fintanto che non ne non sono realmente soddisfatto. Quindi, quando decidiamo di pubblicare qualcosa, spesso torno a ciò che ho già scritto (che sarà una valanga di roba immagino nds), senza escludere l’idea di mettermi a lavorare a qualcosa di completamente nuovo.
Dopo tutto ciò veniamo al nuovo disco. Quando avete iniziato a comporlo e quanto dei mesi trascorsi ne ha influenzato la composizione e la creazione? Ha un mood che lo caratterizza?
MATT: La scrittura era terminata prima che il periodo di pandemia avesse inizio. Abbiamo cominciato a scrivere l’album nell’autunno 19 durante il periodo di riposo come già spiegavamo. Per quanto riguarda il mood è “divertente” come gli argomenti principali su Serious Issues (il titolo del nuovo album) siano l’isolamento, la depressione o la questione di quanto sia importante essere parte di qualcosa. Suona familiare alla maggior parte di noi adesso, vero? Forse sono in anticipo sui tempi (ride)
Molte band negli ultimi anni hanno optato per proporre i più brevi EP piuttosto che darsi ai Long Playing, forse per l’attuale (bassa) soglia di attenzione della popolazione mondiale o soltanto per condensare in un tempo breve il massimo della loro composizione. Voi con Serious Issues sarete fuori con un LP con 16 canzoni (per molti 3 EP)! Cosa vi spinge a rimanere “classici”, mantenete una condotta o è solo un caso?
MATT: Penso che sia sempre una pessima decisione pubblicare qualcosa solo per mostrare al mondo che ci sei ancora. Molte band non sembrano impegnarsi molto in quello che fanno e puoi sentirlo da ciò che realizzano (forse qualcuno lo dice anche di noi, e ci va bene così). Noi non abbiamo policy, quando abbiamo la sensazione di avere abbastanza materiale di qualità per pubblicare un LP, lo facciamo.
Avete una fanbase fedelissima in continua crescita che di voi vuole sapere sempre di più, sfruttiamo la loro fame di conoscenza per chiedervi di raccontarci un po’ di voi e di cosa fate al di fuori dei DeeCRACKS, avete altri amori oltre alla musica?
MIKE: Lavoro nell’industria musicale austriaca come manager, booker, A&R, TM per l’etichetta discografica e così via. È assolutamente fantastico lavorare con la musica. Nel mio tempo libero guardo molto hockey sul ghiaccio, wrestling e gioco alla Nintendo.
Prima di salutavi vi faccio le ultime due domande suggeritemi dal Barza vostro grande fan (colui che ha fatto si che vi conoscessi e che uso volentieri come suggeritore interessato). Avete girato il mondo e conosciuti diversi tipi di pubblico, quale vi ha stupito di più e quale vi ha fatto sentire a casa vostra? (Se rispondete gli italiani non ci offendiamo)
MATT: In qualche modo ogni luogo e paese ha il suo fascino. L’Italia è certamente unica nel suo genere e sicuramente sembra di tornare a casa ogni volta che ci veniamo. Tuttavia è difficile per me definire quale sia il mio posto preferito.
MIKE: Penso che il Giappone sia il mio paese preferito in cui andare in tour. Ci sentiamo molto ben accolti e le persone sono molto gentili, il paese è molto bello, il cibo è incredibilmente buono e gli show sono sempre divertentissimi. Cosa si può chiedere di più? I russi sono stati i più sorprendenti direi. Ci aspettavamo che fossero duri e difficili da conquistare, come gli stereotipi russi in tutti i film (ride). In realtà sono appassionati, accoglienti e simpatici, in Russia siamo stati trattati davvero bene. Non trovato alcun lato negativo in loro
Ultima e poi non vi rompiamo più. Il vostro nome e la vostra mascotte sono stati oggetto di discorsi da bar (quando si poteva andare, sig) ci date un paio di spiegazioni in merito?
Mike: Abbiamo iniziato nel 2003 con il nome The Cretins, nel 2007 purtroppo siamo stati minacciati di andare in giudizio da parte di una band tedesca chiamata The Creetins per cui abbiamo deciso di cambiare nome in DeeCracks nel dicembre dello stesso anno. Inizialmente il nome scelto fu The Cracks, ma dato che non era molto originale abbiamo optato per Die Cracks (die è il corrispettivo di the in tedesco) che però nessuno pronunciava correttamente, abbiamo quindi optato per DeeCkacks e ne siamo felici oggi come allora. La scimmia del logo è venuta fuori dal nulla ad essere onesti. Il nostro grande e super talentuoso amico Steve Little Fingers (il migliore tatto artist di tutta Vienna, andatevi a vedere il suo profilo Instagram @stevelittlefingers) che si è occupato dei nostri artwork fin dagli esordi, se lo è inventato probabilmente ispirato dalla nostra canzone “Monkey Boy”.
Grazie ragazzi siete stati una squisitezza. Non vediamo l’ora di ascoltare il vostro nuovo album e vedere tutti i video a supporto. Buona fortuna, buona musica e a presto sui palchi voi e sotto i palchi noi a vedervi!