Dal punk al post punk emiliano. Emozionante storia dei Centri Giovani degli anni ’80

Leggendo questo articolo su La Pressa di Stefano Soranna, mi sono tornate in mente alcune di quelle reminiscenze storiche dovute più che altro a racconti di chi quel periodo l’ha vissuto a 360 gradi, portando poi noi giovani ragazzini, che ascoltavamo a bocca aperta, ad intraprendere (o almeno cercare) la stessa strada, in quella bologna che negli anni ’80 /’90 è forse stata il fiore all’occhiello per chi sentiva dentro quell’ardore di punk rock.

“391 – VOYAGE THROUGH THE DEEP 80s UNDERGROUND IN ITALY”, dedicato a quelli che COME NOI hanno vissuto quegli anni indimenticabili e non hanno mai perso lo spirito di vivere la notte.

Questo doppio cd di musica emiliana new wave/post punk anni ’80, ha molti meriti, oltre a raccogliere dei brani strepitosi, ha permesso di riscoprire e raccontare storie ormai dimenticate. Una tutta modenese è quella dei Centri Giovani San Paolo e Villa D’Oro, nati rispettivamente nel 1977 e nel 1979.

I Centri Giovani nascono a Modena alla fine degli anni ’70 per contenere l’esuberanza di alcuni giovanissimi adolescenti residenti in centro storico, figli di famiglie di immigrati meridionali. L’idea fu dell’assessore Liliano Famigli e il progetto fu realizzato dal pedagogista Sergio Neri. All’inizio il primo Centro, quello del San Paolo, prevedeva sia momenti di gioco sotto la guida di operatori, sia corsi di fotografia, teatro, grafica e i partecipanti erano soprattutto gli adolescenti dei centri estivi. Poco dopo, arrivarono anche i ragazzini ‘non integrati’ e persino un piccolo gruppo di tossicodipendenti appassionati di musica che stazionavano nella sala specifica per ascoltare dischi. Presto i due gruppi si scontrarono e i tossicodipendenti, vere e proprie mine vaganti, non si presentarono più. La musica diventò subito fondamentale, pochi ragazzi potevano permettersi di comprare uno strumento musicale o affittare una sala per le prove, nei Centri Giovani potevi farlo gratis. Il clima degli anni che vanno dal 1979 al 1982 era davvero eccitante. Nel 1980, a Fiorano, era nata Antenna Uno Rock Station, una radio che trasmetteva rock alternativo e new wave, uno stimolo continuo per i ragazzi modenesi che trascorrevano le loro giornate a suonare, proprio come facevano i loro coetanei londinesi. Modena era una città che all’epoca non poteva certo definirsi provinciale.
Alla Villa D’Oro l’atmosfera era più legata alla sperimentazione, alla creatività a 360°, tra i gruppi ci sono continui scambi di componenti, c’è più irrequietezza, si scrive qualche brano, ci si esibisce live e poi il gruppo si trasforma. Al San Paolo erano presenti molti più gruppi, alcuni decisamente new wave, altri, nel tempo, si legarono alla tradizione rock blues, più mainstream. Con l’apertura del leggendario circolo Wienna, rimpianto punto di riferimento per gli amanti della musica in città, molti gruppi potevano suonare davanti ad un pubblico attento e curioso. Fra i musicisti dei due centri c’è però una forte rivalità, stupidamente non si andava ai concerti organizzati dai rivali. Non c’erano neanche rapporti coi musicisti delle città vicine, dei meno conosciuti si ignorava persino l’esistenza. Tanto talento, tanto entusiasmo, ma l’incapacità di fare rete. Molti gruppi si sono sciolti dopo pochi anni, qualcuno partiva per il militare, altri iniziavano l’università (ritenuta una cosa adulta, al contrario del suonare in un gruppo) oppure mollavano tutto perché si fidanzavano.
A Modena, grazie anche ai Centri Giovani c’era una cultura musicale diffusa, ce la giocavamo solo con Bologna. Nei primi anni ’80 non andavi a vedere i gruppi più importanti a Milano, venivano tutti a Modena o a Bologna. Nel 1981, al Palazzetto dello Sport, tenne un concerto Siouxie and the Banshees (come spalla c’erano gli S80, gruppo del Centro Giovani Villa d’Oro) e in Piazza d’Armi si esibirono i Tuxedomoon e i Bauhaus. Tutto questo è finito. Quando ci fu il concerto di Modena Park si poteva sfruttare il palco il giorno prima per far suonare qualche gruppo ‘underground’, era un’opportunità unica, far capire ai modenesi che non c’è solo Vasco Rossi, ma l’occasione è stata persa’.
Fu proprio a Bologna, che sul finire degli anni settanta, iniziò a diffondersi il punk che tanto stava spopolando in America e soprattutto in Inghilterra. Il primo brano punk italiano, “Mamma dammi la benza”, fu inciso su cassetta dai felsinei Gaznevada nel 1977 e divenne subito uno dei pezzi più passati dalla bolognese Radio Alice, emittente indipendente molto famosa in quegli anni, sia per i suoi innovativi metodi di comunicazione che per il suo ruolo politico in un contesto “caldo” come quello degli anni settanta.
Il grande pubblico non era a conoscenza della velocissima diffusione che il genere stava avendo ma i nuovi gruppi punk andavano moltiplicandosi, le etichette che pubblicavano i loro album (ma più spesso cassette) sempre più numerose e le “fanzine” che li recensivano iniziarono a circolare in numero crescente tra gli appassionati. Ai primi concerti parteciparono band come gli Skiantos, i già citati Gaznevada e complessi “new wave” come i Confusional Quartet.
Questa prima ondata punk (bolognese e non solo) era però destinata a durare poco: essa iniziò a subire ben presto un cambiamento che l’avrebbe portata verso sonorità più dure e testi più politicizzati nei quali trovavano posto orientamenti anarchici e pacifisti, talvolta nichilisti.
E, guarda caso, quella bolognese fu la prima scena ad abbracciare la nuova ondata hardcore proveniente dal nord Europa: band come i RAF Punk, i Raw Power e gli Irha ebbero presto un gran seguito. Ma la nascente scena hardcore non si limitò soltanto al capoluogo emiliano e si diffuse anche a Roma, Milano, Pordenone, Torino: l’hardcore punk divenne un genere molto amato da una certa fascia di giovani, che nei testi di gruppi come i Negazione, i Wretched, i Kina e tantissimi altri trovavano l’espressione concreta del loro rifiuto di un ordine sociale contro cui ci si poteva schierare a partire dalla passione per la musica . Questo nuovo filone durò per tutti gli anni ottanta, raggiungendo punte di notevole successo che portarono l’hardcore italiano a essere uno tra i più influenti del mondo.
Torniamo però indietro alla Bologna dei primi anni ottanta: tra i gruppi che l’etichetta Attack Punk Records promuoveva, c’era una band di Reggio Emilia che credo sia doveroso citare, anche se certamente la loro musica non può essere definita semplicemente punk, i CCCP – Fedeli alla linea. Nati nel 1982 dall’incontro del chitarrista Massimo Zamboni e del cantante Giovanni Lindo Ferretti.
Il movimento affonda le sue radici (per quanto concerne l’hip hop fatto in lingua italiana) in quello che viene considerato il primo album di hip hop nostrano: Batti il tuo tempo del collettivo romano Onda Rossa Posse (che presto assunse il nome di Assalti frontali, gruppo tuttora in attività). Bologna come al solito non rimase a guardare e nel corso degli anni novanta sfornò una serie di artisti di tutto rispetto: Camelz Finezza Click (gruppo poco conosciuto ma dotato di uno slang originalissimo che ha fatto scuola), Isola Posse All Stars (tra i primi a fare rap in Italia, ebbero vita breve ma segnarono un punto fondamentale per lo sviluppo dell’hip hop italiano), Sangue Misto (in cui confluirono dall’Isola Posse, Deda e Neffa, assieme a DJ Gruff) e Joe Cassano, che nonostante la prematura scomparsa a soli venticinque anni, riuscì ad incidere dei brani che vengono considerati dei pilastri del genere….
….Ci sarebbe da scrivere un libro, ma direi di farla finita qui, ho 40 anni e mi viene il magone…bonaa!
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