CRIPPLE BASTARDS

O li si ama, o li si odia. Così si potrebbe riassumere in poche parole l’attuale situazione di una delle band più provocatorie, estreme e deliranti degli ultimi anni nel circuito alternative underground. Viste le tante discussioni che li vedono da sempre protagonisti, chi meglio di Giulio, voce e leader storico della formazione piemontese poteva rispondere alle nostre domande?

Partiamo dal presente. Proprio recentemente è in uscita un vostro nuovo split EP in compagnia degli Eyehategod. Vuoi parlarcene?
Giulio:
Uscirà tra pochissimo (é in stampa proprio in questi giorni) per la Southern Lord Recordings, etichetta statunitense che sta spopolando grazie a molte uscite azzeccate, come Probot, Sunn, Cathedral e Darkest Hour. Al suo interno ci saranno completamente inediti e ancora più evoluti rispetto al precedente "Desperately insensitive". Un fatto curioso è che siamo il primo gruppo grind da loro prodotto, in quanto generalmente finora sono stati più orientati verso doom/sludge. In ogni caso é un disco che consiglio al 100% perché mostrerà un nostro ulteriore progresso e anche per il semplice fatto che sarà a tiratura limitata e quindi da collezione.     

Tra split, EP e dischi ufficiali avete prodotto una quantità impressionante di materiale. Qual è il disco targato Cripple Bastards che preferisci tra tutti e perché.
Giulio:
É impossibile stabilire quale sia in assoluto il nostro miglior lavoro, in quanto c’é una tale variazione di stili, produzioni e gusti che non saprei proprio quale scegliere. In alcuni momenti mi piace di più un disco, in altri preferisco uno che magari risale a 10 anni prima. Diciamo che del periodo dei vecchi 7" registrati qui ad Asti (nello studio improvvisato del nostro batterista di allora), tra tutti i miei preferiti sono "LIfe’s built on thoughts", lo split con i Patareni e quello con gli Psychotic Noise.  Delle successive uscite realizzate allo studio Acqualuce di Alpignano, sono molto attaccato a "Misantropo a senso unico" e al materiale raccolto nel CD "Almost human"…  In generale penso invece che i dischi che hanno lasciato una traccia importante per noi e altri siano stati "Misantropo a senso unico" nella scena Hardcore e "Desperately insensitive" in quella più orientata sul metal. A voi la sentenza finale… 

Leggendo qualche tua considerazione sul vostro sito ufficiale ho notato che nell’ultimo periodo sei molto soddisfatto degli show tenuti. A cosa è legata questa soddisfazione?
Giulio:
La soddisfazione é legata al fatto che i concerti sono andati bene, ottima affluenza di pubblico e reazione positiva nei nostri confronti. Oltre a tutto ciò, il trattamento che abbiamo ricevuto, l’organizzazione ben curata e molti altri piccoli ma importanti fattori. Paragonando il tutto a quel che ci succedeva anni fa é davvero una svolta.  Siamo fieri del fatto di esser riusciti a mollare il giro vecchio a cui eravamo stati erroneamente relegati e crearci un seguito completamente nuovo. Molte band seguendo una traiettoria analoga si sono date la zappa sui piedi, noi fortunatamente siamo riusciti a fare un passo avanti ed uscire da una scena alla deriva, quella @narco-punk più settaria e fondata su slogan, pregiudizi e riciclaggio eterno dei soliti schemi.

Rimaniamo sul tema concerti. Tempo fa lessi la tua disapprovazione verso alcune fasce di persone che, forse per sola e semplice ignoranza ostruivano la vostra strada.
E proprio in quell’occasione parlavi del fatto che non riuscivate mai a suonare in determinate città come ad esempio la capitale. E’ cambiato qualcosa col passare del tempo?
Giulio:
Mah, alla fine penso che il discorso sia legato al fatto che i Cripple sono un gruppo molto "scomodo". La scena di alcune grandi città tende a esaltare le proprie band e a trattare con sufficienza quelle provenienti dall’esterno, un po’ per competizione, un po’ per chiusura mentale. Noi per anni ci siamo adeguati a questo ordine precostituito, ficcandoci in coda di chi una volta ogni tanto ci avesse fatto la carità di lasciarci suonare. Dal canto nostro tentavamo invece di dimostrarci aperti e organizzare date per quei gruppi che magari a loro volta ci avrebbero potuto dare una mano ricambiando con qualcosa nella loro città. Non é mai servito a un cazzo. Ai tempi (e tutt’ora) il nostro bassista aveva la possibilità di far suonare al Dordoni di Cremona e io ho sempre cercato di inserire gruppi italiani nei festival o nelle date che organizzavo magari di spalla a band straniere. Raramente siam stati ricambiati, nella maggior parte dei casi l’andazzo era poi trattarci con sufficienza. Da quando abbiamo visto che malgrado tutto il nostro giro di concerti era buono e anche non suonando in una determinata città avremmo comunque avuto un buon seguito altrove, iniziammo a mandare affanculo chi si aspettava suppliche e a tagliare i ponti con chi nel momento in cui riceve i favori ha una faccia, ma quando gli chiedi una mano ne assume una completamente diversa. Quest’anno abbiamo avuto offerte x suonare in quasi tutti i weekend, quindi posso dire che ci siamo creati il nostro giro e riusciamo a tenere una frequenza live costante anche senza dover pendere dalle labbra di chi gestisce la mafia HC in determinati posti. 

Dopo anni di gestione autonoma, vi siete recentemente affidati a un’agenzia di concerti.
Ci sono stati evidenti miglioramenti da quando collaborate con loro?

Giulio: Per ora no. L’agenzia é in fase di crescita e ha bisogno di tempo per creare le basi. La nostra per ora é solo un’adesione a tempo indeterminato, che magari prenderà piede quando si saranno sviluppati e avranno un piano di lavoro costante. Finora ogni data è stata gestita tramite nostri agganci. 100% autonomi!  

Quali erano anni or sono i motivi che vi portarono a formare i Cripple?
Pensi che con i cambiamenti della società odierna tali valori abbiano ancora significati forti?

Giulio: Agli inizi, quando i Cripple Bastards si formarono, io avevo solo 13 anni. L’esigenza di base era semplicemente il crearci un diversivo dalla vita monotona e sterile che la gente qualunque conduceva e conduce qui ad Asti. Era un riproporre la musica che ci appassionava con i nostri mezzi, anche se quasi inesistenti…  A quei tempi suonavamo poco perché non riuscivamo neanche a trovare una sala prove, tutta l’ostilità di questo paesone medio-borghese del piemontese ci si riversava addosso creando barriere su barriere. É difficile da spiegare. Col tempo poi sono maturati altri stimoli che ci hanno motivato a consolidare il gruppo e andare avanti con tenacia. Dalla frustrazione legata alla vita di tutti i giorni, alla semplice necessità di esternare rabbia, violenza, arrivando a fattori più personali. E sinceramente penso che oggi le intenzioni di base rimangano sempre le stesse. Asti é una città deprimente, ogni volta che penso al fatto di essermi creato un diversivo che mi permette di viaggiare, accumulare esperienze, incanalare creatività mi sento estremamente fiero di tutti questi anni di sbattimento. E anche sul fattore sentimentale, penso che il meccanismo di repulsione verso quel che mi circonda rimanga lo stesso, magari in evoluzione con i tempi, ma la matrice é quella di sempre. Ti ho risposto su un piano personale, presumo che gli altri CB siano spinti da motivazioni diverse – ciascuno di noi ha una propria ragione che lo spinge ad andare avanti nei CB… 


In Italia venite collocati tra le band di nicchia, mentre all’estero avete un seguito decisamente più ampio. Quali sono a tuo modo di vedere i fattori che determinano tali ragionamenti?
Giulio:
mah, dipende. Credo che negli ultimi anni abbiamo avuto un seguito più grosso qui in Italia che in svariati paesi all’estero dove nei primi anni ’90 magari eravamo quasi una cult band (ad es. la Germania). Il pubblico cambia, anche i gusti o le aspettative.  Non mi sembra che i Cripple siano molto di nicchia qui da noi… Sicuramente non esiste una scena enorme legata a un genere così estremo, però in positivo o negativo il nostro nome gira di brutto (ride); pensa che ci usano addirittura nei samples delle gag di "Ciao Belli" a RadioDeeJay! Pensa te dove siamo arrivati! 

Non so se ridere o piangere.

Spesso il nome Cripple Bastards è stato accostato alla parola estrema destra nonostante sia nei testi che nel generico la politica non è mai stata al centro delle vostre attenzioni. Da dove nasce tutto questo vociferare?
Giulio:
Qui potrei risponderti in svariati modi. Tanta gente quando ha davanti qualcuno o qualcosa che gli sta profondamente sul culo – magari poi per ragioni personali – tende a scadere su quei luoghi comuni che in qualche modo fomentano il pregiudizio e il disprezzo collettivo. "In cerca di consenso" mettiamola così. Darci dei fascisti o dei borghesi o qualsiasi altro termine di questo tipo, probabilmente accresce quell’andazzo popolare di "caccia alle streghe" gratuita che permette a chi ci odia per invidia o frustrazione di avere qualche ignorante in più dalla sua parte.  Un’altra motivazione può essere il nostro costante giocare sul filo del rasoio, sui "lasciar intendere" e un’espressione basata sul nichilismo estremo, é facile che venga mal interpretata o accomunata a una qualche ideologia oltranzista. Poi c’é anche il mio amore per la Serbia che fa sì che i non – simpatizzanti x l’argomento arrivino a conclusioni generiche e scontate, che nella maggior parte dei casi riconducono poi al darmi del destrorso. Ma la realtà é ben diversa.  Più che dirvelo con le mie parole, non so cosa fare: i Cripple Bastards sono una band apolitica, non ci scheriamo né a destra né a sinistra e non esiste traccia in quello che facciamo tramite dischi, concerti e quant’altro che ci possa accomunare a qualsiasi ideologia.


Un tuo chiamiamolo così "motto di vita" è respect for death, frase sicuramente forte e
su cui molti hanno trovato argomento su cui (s)parlare. Logico quindi chiedere a te il reale significato di tale frase.
Giulio:
Semplice. Il rispetto é tutto, la sorgente vitale su cui qualsiasi rapporto interpersonale si basa e sviluppa. Chi lo ignora o prevarica finisce per far gravare il peso della sua negligenza su chi dall’altra sponda, é onesto ed efficiente. E quindi merita solo di essere annientato. O fisicamente, o con il pagare due volte la propria inettitudine (two eyes for an eye!) o con l’essere ignorato per sempre. E anche questo, in qualche modo é un metodo di annullamento.

Che progetti hai in cantiere coi Cripple? Tempo fa parlavi della possibilità di un nuovo tour negli States…

Giulio: E difatti quel tour c’é già stato, nell’Ottobre 2003 siamo tornati negli U.S.A., abbiamo suonato 15 date partendo dalla California e proseguendo per Oregon, Washington, Utah, Oklahoma, Texas, Nex Mexico, Arizona e per finire una memorabile data a Tijuana in Messico! Un’esperienza indimenticabile, sia per le soddisfazioni che ci ha portato che per lo sbattimento colossale a cui ci siamo sottoposti… 15 concerti in 15 giorni, oltre 10.000 km  "on the road"! Un resoconto dettagliato e delirante lo si può leggere nella sezione "HC interviews" del mio sito, www.eu91serbianleague.com. Di progetti futuri ce ne sono molti. Attualmente stiamo lavorando su alcuni pezzi nuovi per un paio di split rimasti in sospeso da anni, finiti questi inizieremo ad assemblare le idee per un ipotetico nuovo album. Più avanti ci sarà la realizzazione di un DVD antologico sui Cripple con la storia completa dal 1988 ad oggi, capitoli dedicati ai tour negli States, ai festival più grossi a cui abbiamo partecipato qui in Europa e molto altro ancora. E poi dulcis in fundo c’é da dire che abbiamo annullato il contratto con l’etichetta per cui avevamo firmato tempo fa (la Necropolis) e quindi un altro obiettivo essenziale sarà quello di trovarne una nuova in grado di promuoverci con la giusta efficienza e capillarità.

Passiamo a temi più personali. Sei una persona legatissima alle tue origini, tanto che presto partirai per un viaggio nella tua amata terra. Proprio da questo molti hanno tratto conclusioni leggendo i tuoi pensieri legati alla guerra balcanica, criminali di guerra e a quanto sembra un tuo odio verso chi ha minacciato la vostra terra. Come ben sai il passa parola tramuta le frasi in modo sorprendente, quindi ti do tutto lo spazio che vuoi per chiarire una posizione legittima ma spesso non facile.
Giulio:
Sì, a Giugno tornerò in Serbia, dove ho un legame molto stretto con una famiglia di Novi Sad di cui sono diventato il "kum", cioé quel che in inglese viene tradotto come "brother in law" e qui da noi equivarrebbe a una specie di padrino Ortodosso. Ci tengo moltissimo alle mie radici balcaniche e la mia vita é tutta basata su quel che ho imparato da quella gente, da moltissime esperienze in quella che un tempo era Yugoslavija. Mi ci vorrebbe troppo per raccontare il tutto.  Per il resto non ho molto da spiegare, qui l’opinione di massa é drogata di propaganda occidentale e vede tutto in modo troppo esterno e unilaterale per poter comprendere ciò in cui credo. Quelli che da noi vengono presentati come criminali di guerra a cui il tribunale dell’Aja dà la caccia, sotto un’altra prospettiva sono persone che hanno parato il culo al proprio popolo salvandolo dall’annientamento totale. Si é sempre parlato di genocidi commessi in Kosovo, Bosnia ecc., ma non si é mai saputo nulla sui genocidi ai danni dei serbi che si sono protratti e si protraggono nei secoli dei secoli senza sosta. Io sto semplicemente dalla parte della gente che amo e dell’etnia in cui mi identifico. Posso dire di aver visto la realtà da più angolazioni, anche perché negli anni di guerra andavo molto spesso in Croazia e quindi vedevo con i miei occhi l’altra faccia della medaglia, il lavaggio del cervello a cui la massa é stata sottoposta. Ho maturato la mia scelta e compreso a fondo chi é chi in un territorio così frammentato, sanguigno, ma in qualche modo anche molto più vivo ed affascinante. E soprattutto ho capito qual’é la gente a cui mi sento più simile in mentalità e modo di vivere. Nient’altro da dire. Serbia fino a Tokyo. 

Hai mai pensato di andare a viverci definitivamente?
Giulio:
Ci ho pensato tantissimo. Se un giorno non mi rimarrà nulla qui in Italia, non avrò dubbi su questa scelta, anche se lì la vita é difficile. Una paga mensile media é sui 150 Euro, la crisi economica é devastante, ci sono un mucchio di problemi. Ma son fattori che mi importano poco se penso a quanto sono affezionato a quella terra. Però qui in Italia ho dei legami altrettanto importanti, come la mia attività coi Cripple, la mia ragazza, la famiglia…  Forse sarà il posto giusto per la mia vecchiaia, ora ho ancora troppi obiettivi qui. 

 

Sei da sempre controcorrente rispetto a mode e pensieri comuni esprimendoti liberamente. Hai mai ricevuto minacce?
Giulio:
Certo, ne ho ricevute una sfilza!! Credo che se tutte le maledizioni che mi vengono quotidianamente lanciate avessero attecchito, a quest’ora sarei morto e sepolto. Le minacce sono aria fritta, nella maggior parte dei casi arrivano da gente frustrata che tende a iper – reagire davanti alle provocazioni e ai classici "rospi che non vanno giù".  Forse si può anche dire che l’odio attira odio, ma é un fattore che mettiamo in conto da un’eternità. Però é raro che chi sputtana o minaccia "a distanza" arrivi a un confronto diretto, anche perché se guardi le cose nella loro giusta dimensione, arrivare a prendersi a mazzate con un gruppo in contrasto o non conforme ai tuoi credo e/o aspettative é l’alienazione dell’alienazione. Pensa alla figa che ti fa meglio!! :))

Hai girato con la tua band per decine e decine di centri sociali e club, arrivando a farti un idea ben precisa su chi frequenta e organizza tali sedi portandoti in determinate situazioni a esprimere il tuo dissenso verso certi movimenti come crust e punk. Che opinione hai oggi di quel che ti circonda ogni volta che ti trovi a suonare?
Giulio:
Beh, come ho già spiegato prima, i Cripple Bastards negli ultimi tempi hanno cambiato un po’ giro e pubblico, anche se continuiamo a suonare volentieri in posti occupati gestiti da persone serie con le palle e la voglia di sbattersi. Ad esempio l’El Paso di Torino, che praticamente esiste da quando ci siamo formati e con cui siamo sempre stati in buoni rapporti, o il CSA Dordoni di Cremona. Se guardo al passato, i Cripple si sono creati una gavetta enorme suonando dappertutto e  proprio da questo siamo riusciti gradatamente a inquadrare come funzionino le cose. La prima volta che abbiamo suonato in uno squat é stato qui in zona nei primi anni ’90, mi ricordo che il posto si era riempito all’inverosimile e per il senso di "nuovo" che traspariva da quel che facevamo, la reazione era stata incredibile, ci avevano obbligato a rifare tutta la scaletta una seconda volta e non ci lasciavano scendere dal palco! Col tempo, a esperienze così andavano alternandosi batoste micidiali dovute al fatto che, se su un piatto della bilancia c’era la forte passione che poteva nutrire certa gente di quel giro, sull’altro si andavano ad accumulare troppi fattori negativi: la pigrizia e inefficienza di chi organizzava, la pesantezza di chi viveva il tutto in modo troppo inquisitorio/moralista e finiva per venirci a scassare il cazzo su questioni inesistenti o dettate da un infantilismo totale. Alla fine il 90% delle volte che suonavamo in squat o posti occupati in mano a gente dell’ambito crust/punk facendoci sangue amaro con storie del tipo zero rimborso-spese (addirittura una volta ci hanno dato talmente di meno rispetto al pattuito che non avevamo i soldi x tornare a casa), zero promozione del concerto (che coincide con scarsa affluenza di pubblico), zero qualità sonora (impianto/strumentazione…), zero condizioni igieniche (dormire per terra in posti sporchissimi, nessuna possibilità di lavarsi), zero qualità del cibo e così via. Quando arrivavamo da tour di 20 e passa date tra situazioni del genere, ci sentivamo veramente demotivati e fisicamente a rotoli. Andando avanti così abbiamo accumulato troppe storie di questo tipo, e siamo arrivati al voler trovare un punto di svolta, lasciarci alle spalle un ambiente così triste proprio anche in base al discorso sul rispetto che facevo prima e che quella gente trascurava completamente. La routine era prometterci 3000 cose e in concreto non darci un cazzo. Non serviva nulla fare richieste precise su cachet, accomodation, strumentazione. La risposta perenne era un "certo, non c’é problema, venite pure" per poi al momento dei fatti non mantenere niente di quanto pattuito. In poche parole, quel giro ci ha rotto i coglioni, non era mai un riscontro appagante rispetto al culo che ci facciamo da sempre tra prove (io sto ad Asti gli altri a Cremona/Piacenza, solo per beccarci sono 2 ore andare e 2 ore tornare), sbattimenti, macinare km su km… Oggi ci troviamo a suonare solo per chi, fin dall’inizio dimostra di essere veramente in grado di organizzare a dovere la cosa. Mettiamo subito le carte in tavola e si capisce al volo quando i mezzi ci sono e non si tratta dell’ennesima catapecchia in cui suoni davanti a 4 cani dopo magari mezza giornata di macchina. E’ un discorso lunghissimo; Il nocciolo alla fine é che noi nel nostro quotidiano non viviamo nella merda, quindi se qualcuno ci invita a suonare, deve come minimo fornirci delle condizioni basilari di umanità ..che vanno dal dormire in un letto al suonare su un impianto che renda. Oltre che a una forma di rispetto verso la persona e la sua dignità, é anche un voler apprezzare la forma di espressione che uno "esporta" nel momento in cui va in giro a suonare. Almeno noi la vediamo così. E su un livello personale, il motivo per cui mi sono spesso schierato a mo’ di "pungolo nel culo" verso certa gente, é che negli anni abbiamo veramente accumulato troppo veleno in relazione alla trasandatezza, ignoranza, vuoto mentale di quel giro… Ho fatto il mio sproloquio.   

Come trovi la scena(punk-hardcore)  nazionale odierna rispetto agli anni 80?
Giulio:
Più frammentata e divisa, molto più demotivata. É una specie di relitto alla deriva… Qualcuno si salva dal mucchio, ma sono comunque poche le persone che si sbattono mettendoci il giusto entusiasmo/passione. Siamo in tempi diversi, una volta c’era il gusto della novità, più semplicità, più taglia e incolla. Era un contesto in cui l’esigenza di esprimersi era più spontanea, non-filtrata e proprio per questo più credibile. A livello di nomi, della scena punk/HC di adesso apprezzo Woptime, Entropia, Skruigners, No Info, Redrum e pochi altri. 

Che musica ascolti recentemente?
Giulio:
Ascolto di tutto. In questi ultimi mesi i dischi che ho apprezzato di più sono stati l’ultimo dei Type O Negative, alcune ristampe punk/HC uscite su Reflex, il raccoltone “Adrenalin O.D.” su Relapse, l’album "Punk prima di te" di Ruggeri (dove ha rifatto alla perfezione e con la produzione odierna brani classicissimi del repertorio dei Decibel; grandi!) e poi molta musica folk/rock balcanica. Dalle orchestre di fiati "brass" tipo Boban Markovic, Slobodan Salijevic a cantanti di quel che viene volgarmente chiamato "turbofolk". Ti potrei fare una lista di nomi interminabile ma tanto nessuno ci capirebbe un cazzo, una su tutte la mitica CECA, di cui si parla saltuariamente anche qui da noi.

Facendo un piccolo sunto della tua vita, come reputi oggi giorno te stesso?
Giulio:
Non mi piace reputarmi. Sono una persona estremamente vitale e  irrequieta, priva di diplomazia, soddisfatta di quel che fa, con tantissimi sogni da realizzare sia con la band che nella vita privata. Non sarò mai un vecchio.

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