Cigar e Actionmen @ Marina di Ravenna – Domenica 11 agosto 2019

Live Report by Mattia Manovalanza

Aspetto da mesi questo momento. Parliamo di una band storica, incredibile, che da anni non suona più, e che solo da qualche tempo ha ricominciato. Una band skate punk west coast, dallo stile inconfondibile, veloce e tecnicissima ma calda e solare al tempo stesso. I Cigar! Formazione quasi di culto per gli amanti del genere, che incise un unico formidabile album intorno al ’99, e poi sparì dalle scene. Ed ora sono in Europa in tour, per la prima volta, a vent’anni di distanza dall’uscita di quel disco che fu una pietra miliare per il punk HC melodico anni novanta. E per di più, l’apertura è affidata agli Actionmen, altra band storica però nostrana, di Ravenna.

Dato che i concerti si svolgeranno sulla spiaggia, al Mosquito Coast di Marina di Ravenna, decido di partire la mattina insieme agli amici e di passare l’intera giornata al mare.
Fra bagni, sole e mangiate di pesce, il tempo trascorre svelto. Alle cinque esco dall’acqua, mi asciugo e mi prendo la prima birra. Il palco è stato montato sulla spiaggia, proprio fra il bar ed i campi da beach volley, vicino agli ombrelloni. Una minuscola tettoia ripara la batteria dal caldo intenso del pomeriggio. Pinna e compagni sono già sul posto, stanno sistemando gli strumenti. Gli Actionmen, ora un poderoso power-trio, iniziano il sound check. Pinna, il batterista, e Diego, il bassista, sono davvero dei fenomeni, e già sentirli sonicchiare al sound check è sbalorditivo. E ancora stanno praticamente solo giocando! Il pubblico è piuttosto numeroso, formato principalmente da musicisti della scena di Ravenna. Io, ancora scalzo e in costume, mi cambio e metto scarpe, pantaloncini corti e maglietta dei Derozer. Sono pronto!

Sulla luce del tardo pomeriggio, alle sei e qualche minuto, gli Actionmen iniziano a suonare. Si possono dire molte cose sugli Actionmen… Anzi, si devono dire molte cose sugli Actionmen. Ma è quasi impossibile rendere l’idea, se uno non li ha mai visti dal vivo. Un turbine di follia allo stato puro! Batteria hardcore che spara colpi e rullate velocissime, con alcune finezze che hanno del geniale, come ad esempio i giochetti su charleston e ride che danno colore e anima al tupatupa costante di casse e rullante! Il basso torturato da Diego che suona i sedicesimi su tutte le corde insieme, una mitragliata di accordi potenti che accompagna ogni battuta come sulla soglia dell’inferno! E ancora, la chitarra di Matteo, dal suono acido e distorto, tapping e note a cadere, power chord solo di rado, intermezzi funky alternati a riff praticamente metal. La voce è senza dubbio la cosa più evidente che è cambiata rispetto alla vecchia formazione a quattro. Ma gli Actionmen, anche in tre, spaccano i culi. Non puoi non essere coinvolto e sopraffatto dalla loro musica… E soprattutto non puoi non apprezzare il fatto che agli Actionmen non importa proprio niente di piacere per forza al pubblico. Non gli è mai importato nulla, ma meno che mai adesso, che sono rimasti in tre. Fanno solo quello che gli va e se ne fregano di tutto il resto. E paradossalmente funziona: il pubblico apprezza, eccome. Alcuni arrangiamenti sono proprio assurdi e geniali al tempo stesso: il singolo estratto dal nuovo split parte con una base hardcore di batteria e basso velocissimi, e la chitarra che fa note ravvicinate e raggruppate, disegnando una melodia quasi infantile ma geniale, come se stesse giocando!

Il set dura quaranta minuti. Prima dell’ultimo brano, Diego si avvicina al microfono e con poche semplici parole ringrazia il pubblico presente, confessando che per loro era il sogno di una vita chiamare i Cigar a Ravenna, e vedere tutti questi volti noti di gente che suona da sempre e che da sempre supporta la musica alternativa è davvero appagante. Applausi a non finire per un gruppo che se li merita davvero tutti!

I Cigar, supportati da uno staff tecnico di tre o quattro persone, iniziano a prepararsi. Sul palco sono in tre pure loro. Batterista e chitarrista sono gli stessi della formazione originale: Big Jon è un tipo pelato e altissimo, imponente, con una barba rossastra ed il sorriso bonario; Rami incarna il tipico punk rocker americano con i capelli neri striati di grigio raccolti all’indietro con il gel. Modesti e tranquilli, non si atteggiano a rock star ma come semplici musicisti alla mano.
Dopo un quarto d’ora sono pronti. Sono le sette e mezzo della sera, ed il sole è finalmente calato dietro gli alberi della pineta, ad ovest. Fa comunque molto caldo, ma finalmente si inizia a respirare. La gente è tutta intorno al palco, sulla sabbia, sotto i gazebi. Una location veramente intima e raccolta… Non appena il trio americano sale sul palco, parte subito un’ovazione. Il primo pezzo, ovviamente proveniente dall’album “Speed is relative” è “Wright and wrong”. Si parte subito al massimo, con il batterista che pesta velocissimo. In realtà, la cosa buffa di oggi, è che i batteristi delle due band suonano in maniera davvero molto simile. Anche Big Jon, come Pinna, arricchisce il tupatupa con rullate velocissime e passaggi rapidi sui tom. Pinna è veramente un mostro: anche senza doppio pedale, i colpi di cassa suonano tutti uguali, sembra una macchina. Big Jon, invece, nelle battute in cui c’è il doppio colpo dà più enfasi al secondo, tanto che il primo quasi sparisce, rendendo il tutto “più umano”. Sebbene personalmente preferisco lo stile eccelso di Pinna, devo ammettere che Big Jon colpisce di più l’attenzione dell’ascoltatore. Il motivo è semplice. Perché Pinna lo vedi, mentre suona, e pensi subito qualcosa tipo: «okay, questo non è umano, è un alieno venuto da Marte». Mentre quando ascolti i Cigar, vedi il batterista enorme sudare e impegnarsi al massimo, e senti che i colpi non sono tutti uguali, ti si illuminano gli occhi, e pensi: «cazzo, questo è un essere umano come me, e si sta impegnando al massimo per ottenere qualcosa di incredibile… E ci sta riuscendo!». Poi, in entrambi i casi, l’effetto è reso al meglio da una impostazione dei volumi ottima che risalta benissimo ogni singolo colpo di cassa e rullante.

Il rullante, ragazzi… Come non parlarne? Ti martella nella testa ogni frazione di secondo, veloce, superbo, con quel leggero pizzico di risonanza sulle medie che tanto ci piace, a noi non più giovani punk rockers. Una figata!

Il pubblico è in visibilio. L’intero concerto è un mix di canzoni tratte da “Speed is relative” e di alcuni brani inediti che faranno parte di un nuovo album in uscita nei prossimi mesi. I pezzi nuovi sono coerenti nello stile e belli nell’esecuzione come quelli vecchi. Il bassista, seppur non sia l’incredibile fenomeno che registrò a suo tempo “speed is relative” (almeno per quello che ho capito io, non vorrei sbagliarmi), esegue comunque senza sbavature tutti i giri assurdi e arzigogolati delle tracce originali. La voce di Rami è perfetta. Melodica e potente, seria ma scanzonata allo stesso tempo, riesce nel difficile intento di risultare solenne e leggera al tempo stesso. Ogni pezzo è una goduria, una maratona di velocità, un battito forsennato del cuore. Vedere i Cigar suonare è come sottoscrivere un inno alla sincerità, alla lealtà, alla trasparenza. Il punk piace alla gente proprio per questo: perché è schietto, senza fronzoli, senza doppi fini, senza giochetti. È vero, a volte pecca un po’ di banalità, ma questo non è assolutamente il caso. Prendi per esempio il testo di “Two Kevins”, che racconta una esperienza dell’infanzia, amicizie tradite, come reagire ai torti, come non lasciarsi sopraffare dal mondo. Prendi la sincera “Long run”, che i Cigar presentano come la prima canzone in assoluto da loro scritta… Rami racconta brevemente al microfono che quando gli fu proposto di cantare nella band, lui rispose dicendo che non se la sentiva: «I’m just a guitarist, not a singer…!». E stiamo parlando di una delle migliori voci del punk west coast!

Gli ultimi tre brani sono un delirio. Il pubblico è scatenato. Partono con l’attacco di Dr. Jones, cantato a cappella da tutti noi: «naaaah, fuck nana naaa, fuck nanah fuck nananaa fuck nanana!»; poi alzato di tono, con una melodia a due voci, e poi a tre voci, e poi la rullata azzeccatissima che carica a mille, ed infine la canzone parte con un riff stile Ramones ma eseguito con una velocità impressionante. Sul finire del brano Rami si getta sulla folla che lo sostiene, ed esegue tutto l’assolo di chitarra sopra le braccia della gente! Penultimo brano, il primo di “speed is relative”: “no more waiting”. Un pezzo hardcore melodico con passaggi geniali, stacchetti ultra-veloci, melodia irresistibile sia di voce che di chitarra, linee di basso eccezionali. Ci buttiamo tutti nel pogo, incuranti del caldo, della sabbia che entra nelle scarpe, delle gomitate nei fianchi dei più scalmanati. Siamo in venti o trenta davanti al palco, a picchiarci come matti, e tutto intorno la gente sorride e ci guarda, sbalordita da ciò che i loro increduli occhi stanno vedendo. È uno spettacolo forse inaudito, per un bagno della riviera romagnola: tutti sono impazziti!
Ed infine, l’ultimo brano, è il capolavoro che mette il sigillo finale a quello che si laurea probabilmente come il miglior concerto del 2019. Stiamo parlando ovviamente della storica “Mr. Hurtado”, il brano più famoso della band di Eugene. Ritornello dalla melodia irresistibile, batteria supersonica, basso saltellante che tiene su la ritmica divinamente, chitarra tagliente ed energica! Una canzone bellissima, ben eseguita, con il pubblico scatenato! Il finale poi è epico. Saliamo in dieci sul subwoofer davanti al palco, appoggiato sulla sabbia, e urliamo tutti con quanto fiato abbiamo in corpo il coro finale della canzone: «ah ah aah aaah, ah ah aah aaah». Cinquanta braccia al cielo, tutti che cantano, volti sudati ed estasiati, e tutta la gente intorno che ci fotografa con i cellulari per immortalare questo momento, come se fossimo scimmie allo zoo, evase dalla gabbie.

Perché probabilmente, se non lo rivedessi in futuro in uno scatto, nemmeno io ci crederei… Che quella belva scatenata con la lingua fuori e gli occhi spalancati, che sta urlando «Cigar, Cigar, Cigar!» insieme ad altri venti bestie, sia davvero io!
Mi precipito al merch a comprare la maglietta. Sono il primo! Parlo in inglese al tipo davanti a me. La t-shirt con il disegno del robot costa quindici, gli porgo una banconota da venti, ma lui non ha il resto, così mi da due magliette anziché una, oltre ad un adesivo della band. Mi allontano entusiasta con le due magliette dei Cigar, mia nuova band preferita, mentre una orda di gente si accalca dietro di me per saccheggiare come cavallette il banchino del merch.
È stata una figata assurda. Senza ombra di dubbio, persino al di sopra delle mie già alte aspettative.

 

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