Abbiamo fatto qualche domanda a Bj Papas, una delle fotografe “istituzione” del CBGB, negli anni 80′ della scena hardcore newyorkese. Ci siamo fatti raccontare il Lower East Side di quegli anni tra aneddoti, storie e fotografie iconiche.
Tra i suoi lavori gruppi come Agnostic Front, Murphy’s Law, Bad Brains, Sick of it All ma anche Johnny Cash, Joe Strummer, Public Enemy e Metallica.
“BJ remains true to her punk/hardcore roots”.
Quando ti sei spostata a NY da una piccola città, ciò che ti interessava era la musica, la fotografia e andare in skate. Com’è stato il tuo incontro con la scena newyorkese, i concerti il CBGB e i suoi storici matinèè? Quando hai capito che era il “posto in cui dovevi essere”?
Ho capito che New York era il posto in cui dovevo essere quando l’ho visitata per la prima volta durante il liceo. Non vedevo l’ora di lasciare la mia piccola città e trasferirmi in una big city, ho sempre sognato di lasciare Woodstock e vivere a Manhattan. Ho scelto la FIT (The Fashion Institute of Technology) perché si trovava a New York, era una scuola statale (quindi non troppo costosa) e ti permetteva di laurearti in due anni (in un tempo breve perché odiavo la scuola).
Giravo per tutta la città e andavo a scuola in skate. Poi ho iniziato a frequentare i club e presto ho scoperto il CBGB: mi ha subito conquistata dopo il mio primo matinée, dove ho visto i Suicidal Tendencies. Le domeniche al CBGB sono diventate presto la mia priorità e non mi volevo perdere nemmeno uno show. Dopo la laurea i miei amici mi coprivano persino a lavoro, così potevo essere sempre presente. Era casa mia.
Parliamo di fotografia. Mi immagino la situazione: palco senza barriere, gente fuori di testa, un’energia incredibile da immortalare. Qual era il tuo kit da battaglia e la tua attrezzatura? Quanti rullini portavi a casa da un concerto?
Quando realizzi di aver catturato il momento giusto nel modo giusto, è sempre una grandissima emozione: doppia, mi immagino, in analogico .
Usavo macchine fotografiche Nikon. Ho iniziato con una sola per arrivare ad usarne sempre due, una Nikon FM2 (completamente manuale) e una Nikon FE2 (anch’essa utilizzata in manuale). Una macchina fotografica era con pellicola in bianco e nero ad alta velocità (Kodak 6400 Tmax) e una a colori (Fuji Provia 100 RDP-111), con un flash Vivitar.
Quando ho iniziato utilizzavo solo 1 rullino per le 3-4 band che suonavano: erano costosi e non avevo molti soldi. Solo dopo sono arrivata ad utilizzare fino a 3-4 rullini per band. Usavo ottiche fisse e le tenevo dentro a dei marsupi perchè avevo bisogno di cambiare da grandangolo a teleobiettivo durante gli scatti. La messa a fuoco era manuale, tutto veniva fatto manualmente, niente era automatico!
C’era quella sensazione che provi quando sai di aver catturato il momento perfetto, ma dovevo aspettare lo sviluppo del rullino per averne conferma. Le cose non erano come lo sono oggi dove puoi vedere tutto istantaneamente.
Quanto era difficile essere un fotografo “della scena”? Qual era il rapporto con gli altri fotografi che incontravi sottopalco e com’erano visti dalle band e dal pubblico? Erano ben accetti o ti sei mai sentita un’intrusa?
Le cose andavano meglio allora: non avevo bisogno di un pass per scattare. Avevo solo bisogno di trovare un buon posto e tenermelo. I buttafuori erano piuttosto buoni con me e spesso mi guardavano le spalle. Ero molto amichevole con gli altri fotografi, chiaccheravamo in attesa delle band successive, ci scambiavamo anche pellicole e batterie se necessario.
Non mi sono mai sentita un outsider perché ero lì per il mio amore per la musica. Non sono mai stata assunta o pagata questo. Ero sempre lì regolarmente perché volevo esserci. Questi gruppi sono diventati presto miei amici, proprio come una famiglia, e ci stavo bene.
Hai sempre frequentato e sei stata staff photographer del CBGB’s e ti lascio carta bianca: c’è un aneddoto in particolare che vuoi raccontarci?
Ho frequentato molto il CBGB, dentro e fuori. Uno degli episodi che ricordo meglio è quando i senzatetto che vivevano sopra il CBGB all’albergaccio “The Palace Hotel” hanno iniziato a litigare con noi. Ci lanciavano le loro bottiglie di birra dalla finestra, tanto che dovevamo schivarle. Succedeva spesso, immagino che la nostra musica fosse troppo alta per loro.
Il tuo rapporto con i Bad Brains era molto forte e come sappiamo il loro impatto a livello musicale sulla scena newyorkese è stato enorme. Com’era vissuto tutto questo e ne eravate consapevoli? Vuoi raccontarci qualcosa su questo?
I Bad Brains sono i miei preferiti! Hanno avuto un’enorme influenza sulla scena hardcore ed erano molto rispettati. Volevo solo vederli suonare il più possibile, sfortunatamente non sono riuscita quanto avrei voluto, ma sono stata molto comunque molto fortunata.
Ho avuto la fortuna di andare in tour con loro nell’estate del 1989. Fotografarli ogni sera non era mai abbastanza! Essere direttamente testimone della loro energia, con i salti mortali di HR, era tutto. Sono una band molto sottovalutata a cui, un giorno, spero sia riconosciuto ciò che merita. Penso che la maggior parte dei musicisti sia consapevole della propria importanza e li apprezzi veramente, ma il resto del mondo non lo sa ancora.
Come hai visto cambiare “la scena” newyorkese e il Lower East Side? Cosa ne è stato del processo di gentrificazione che ha portato alla chiusura del CBGB e come l’avete vissuto?
È stato molto triste veder cambiare sia la scena che il LES. Fu davvero difficile essere testimone della gentrificazione del Lower East Side: il quartiere ripulito, gli affitti in aumento, gli yuppies che si trasferivano in questo quartiere. Club, bar, ristoranti e piccoli negozi a conduzione familiare presto iniziarono a chiudere.
Il Lower East Side ha perso tutta la sua unicità ed è diventato tutto uguale, sembra fatto con lo stampino. Quando il CBGB non poteva più permettersi l’affitto, abbiamo cercato di salvarlo. Ci sono stati diversi concerti benefit per aiutare a raccogliere fondi, ma senza successo.
Hai attraversato molti cambiamenti: dall’analogico al digitale, da palchi piccoli a big stage. Come hai visto cambiare questa professione nel campo musicale? Ha ancora un ruolo importante nel raccontare l’identità di una band o l’energia di un live?
Sfortunatamente, l’importanza della fotografia nell’industria musicale è diminuita. La fotografia ha avuto un ruolo molto importante nel modo di percepire una band e la sua musica da parte del pubblico. Le foto per la stampa e le copertine dei dischi erano strumenti di marketing fondamentali, erano la prima impressione di come il pubblico percepiva una band.
Penso che i social media (come Instagram, per esempio) possano ancora svolgere un ruolo importante nel mostrare l’identità di una band o l’energia di un concerto dal vivo al giorno d’oggi.
Nel corso della tua vita e della tua carriera hai fotografato tantissime band, in circostanze, luoghi e tempi molto diversi. Per conoscerti meglio vorremmo chiederti di raccontarcene 3:
1. Quale foto in assoluto è quella a cui sei più affezionata?
Joe Strummer. La foto in bianco e nero di Joe Strummer che mostra il medio ha dietro una storia interessante. È uno scatto schietto, non in posa o preparato/organizzato.
Ecco la storia:
Joe Strummer stava facendo un po ‘di promozione per il suo nuovo disco in uscita, e l’ho fotografato per Guitar World. Volevo fotografarlo ancora e mi fu detto che se avessi aspettato finché non avesse finito con tutti gli altri, avrei potuto fare un’altra sessione con lui.
Ovviamente ho aspettato e siamo andati in un bar chiamato The Soho Bar per bere qualcosa e fare altre foto. Fu in quel periodo che a New York entrò in vigore il divieto di fumo nei bar.
Ero seduta di fronte a Joe e lui si accese una sigaretta. Il barista gli si avvicinò e gli disse che non era permesso fumare. Joe gli mostrò il dito medio e accese comunque la sigaretta, in vero stile punk rock punk rock.
2. Quale foto rappresenta il tuo più importante traguardo professionale?
Salt-N-Pepa. Ho fotografato i Salt-N-Pepa in studio in occasione della loro hit “Let’s talk about Sex”
Fu pubblicato nell’agosto del 1991 come singolo estratto dal loro album Blacks’ Magic, e ha ottenuto un grande successo in molti paesi, tra cui Australia, Austria, Germania, Paesi Bassi, Portogallo, Svizzera e Zimbabwe, dove è stato in cima alle classifiche. Nel 1992, la canzone è stata nominata per un Grammy Award per la Best Rap Performance. L’immagine è apparsa anche su TIME magazine.
3. Quale foto, più di altre, ha contribuito a raccontare un pezzo di storia?
Gorilla Biscuits. Penso che la copertina della New York Harcore Compilation “The way it is” uscita per Revelation Records abbia catturato un momento storico. I Gorilla Biscuits stavano suonando e altri membri di band NY HC sono stati immortalati mentre cantavano e ballavano insieme; Ray Cappo (Youth of Today) Raybeez (Warzone) e Matt Warnke (BOLD / Crippled Youth) per citarne alcuni. Ho la sensazione che questa foto mostri l’unità della scena: l’energia, le amicizie e il divertimento.
Scelta one shot: studio photography or live photography?
Mmm, questa è una domanda difficile.
Direi: in studio fai una foto (you make) mentre sul palco la scatti (you take). Mi piacciono entrambi ma credo di preferire la fotografia in studio, sento di avere più controllo per realizzare ciò che ho in mente. Penso però che le persone preferiscano l’energia che catturo dal vivo.
Cosa ne pensi tu?
Grandangoli e fisheye è una passione che nel mio piccolo sento di condividere con te. Ma quanto sono belli!?
Adoro i grandangolari e i fish-eye: sono molto divertenti!
Sono perfetti per gli scatti in piccoli club. Le band sembrano apprezzare molto l’essere fotografate così. Penso che tutti ci siano affezionati.
Grazie! Mi sono davvero piaciute le tue domande. Grazie mille per il tuo interesse. BJ
www.bjpapas.com
instagram.com/bjpapas
GRAZIE MILLE BJ!
Intervista a cura di Amanda Milan
Traduzioni a cura di Valentina Piazzola
Foto: courtesy of BJ Papas