“I Caffe-in si formano da un progetto dei giapponesi Sayu e Masato, compagni di università nel lontano 2000 a Pechino,”…
…e, dopo vari cambi di formazione (hanno dovuto cambiare prima il batterista per problemi di tendinite, poi il chitarrista), finalmente nel 2006 riescono a far uscire il loro album, ottenendo l’approvazione di gruppi come Reflector e Brain Failure.
La loro musica è un misto di pop, ska e punk, o, come preferiscono definirla loro, “happy, sweet & cool”. Il loro repertorio prevede pochissimi brani lenti, tutti hanno un ritmo trascinante e sono estremamente orecchiabili, uno stile un po’ eccentrico caratterizzato dalla voce squillante di Sayu.
Inevitabilmente, ascoltando il loro cd, tornano in mente i cartoni animati: d’altra parte anche la CCTV, principale emittente cinese, ha chiesto loro di comporre una sigla per un katong, e il chitarrista è un appassionato di manga.
Si sente molto l’influenza del j-rock nel loro lavoro, ma in sostanza i Caffe-in o si amano o si odiano: c’è chi non sopporta la voce dal timbro infantile della cantante, o chi impazzisce per l’intro di Bangbangtang棒棒糖, suonato con una melodica, ovvero una pianola a fiato, che impazzava negli anni ‘80.
I brani sono scritti a due mani dal chitarrista e dal bassista, mentre gli altri membri aiutano a comporre la musica; in genere trattano di temi quotidiani, come l’amore, i rapporti con i genitori, le difficoltà della vita.
Nel 2007 è uscito un singolo per la Pilot Records, etichetta pechinese, che contiene, oltre a Bangbangtang anche Jia you xiao mao chong加油小毛虫, lett. “forza piccolo bruco” (io l’avevo detto che o si amano o si odiano :P).
I Caffe-in sono un gruppo abbastanza conosciuto a Pechino, ma questo non basta a fermare i pregiudizi nei loro confronti. Purtroppo ci sono alcuni cinesi che, generalizzando, non tollerano i giapponesi ed hanno atteggiamenti razzisti: durante l’esibizione al Rock&Beer Festival 2006 c’è stato un lancio di accendini, ma la band è riuscita a sdrammatizzare, facendo ballare il pubblico e riuscendo a superare l’inconveniente.