14 dicembre 1979, il giorno della svolta. Probabilmente non solo la svolta dei CLASH, ma forse addirittura del punk, della musica.
Inspirato dall’amica Angela e dalla sua pagina FB “Musicologica” (che consiglio di seguire), mi è sembrato doveroso spendere qualche riga per questo che non considero solo un disco musicale ma uno strumento di comunicazione.
Pubblicato in piena guerra fredda, in un’Inghilterra dove la gente perdeva il lavoro, il razzismo dilagava e la super conservatrice “Lady di ferro” (Margaret Thatcher) si era appena insediata al governo. Questo lo scenario che fa da sfondo a London Calling: “Londra chiama le città lontane” questo richiamo era destinato ad arrivare a qualsiasi latitudine, ad essere ascoltato da chiunque senza fraintendimenti.
Il punk inteso come distruzione e pessimismo, dopo la morte di Sid Vicious andava scemando. L’anarchia rabbiosa del “faccio quello che voglio” non pagava più. Strummer & Co. avevano intuito che il punk che conoscevano era ormai vuoto, bisognava integrare quel pensiero con nuovi spunti e stimoli, solo così sarebbe potuto nascere qualcosa di nuovo.
Era il 20 settembre 1979 a New York quando Paul Simonon fu immortalato da Pennie Smith mentre brandiva il suo Precision come un’ascia distruggendolo sul palco del Palladium e questo per aver visto un fan essere ricacciato indietro dal servizio di sicurezza mentre tentava di raggiungere il palco. Una foto iconica che non solo sarà poi la copertina dell’album, ma sarà il simbolo del rapporto odio amore tra i CLASH e gli Stati Uniti , sarà simbolo del contrasto tra i nostri ed Elivs, inteso come icona del “vecchio” rock n roll che secondo la band doveva essere sovvertito per ricostruire tutto.
E’ cosi che i Strummer, Simonon, Jones e Headon stizzarono l’occhio a quello che fu etichettato come il post-punk. L’incursione di nuovi generi musicali che, mixati al punk ruvido del ’77, portarono alla scoperta di nuovi mondi musicali ma soprattutto culturali dando vita ad un autentico capolavoro destinato a durare nella storia (anche se una fetta dei punk duri e puri si sentirono in parte traditi).
I Clash non furono solo musica e Pat Gilbert nel suo libro “Clash. Death or glory”, lo spiega in queste righe: “Sotto il profilo politico, l’impatto dei Clash è stato sismico. Si sono schierati con enorme entusiasmo al fianco di Rock Against Racism e della Anti-Nazi League, chiarendo così a tutti la loro posizione multiculturale. In quel periodo le questioni dell’immigrazione e del razzismo stavano dividendo pericolosamente il Paese. I Clash hanno convinto migliaia di ragazzi bianchi in età scolare che bisognava capire e ammirare la cultura altrui: questo è probabilmente uno dei più grandi obiettivi raggiunti dalla band. Indubbiamente i Clash, pur usando strumenti antiquati come i concerti dal vivo e la pubblicazione di LP, hanno politicizzato migliaia di individui. I loro dischi erano lezioni di storia culturale e sociale”.
Una traccia che adoro (oltre alla title-track) è “Lost in the Supermarket”, dove la band racconta i fantasmi di una società (allora) contemporanea, una critica al consumismo esasperato, all’integrazione forzata, e che nonostante questo ci si sente comunque persi in un mondo che è sempre più simile ad un supermarket appunto.
E’ curioso come oggi, 2020, la situazione sia praticamente la stessa.
Per questo e per l’attuale decisione del popolo inglese che London Calling, a distanza di 40 anni, suona più attuale che mai.
«Londra chiama al massimo della frequenza, e dopo tutto questo non mi concederai un sorriso?» (London Calling)