Amati/odiati come pochi, i Bring Me The Horizon sono una delle band hot di questo 2008 e il perché è presto detto e prende il nome di “Suicide season”, il secondo disco …
…di una carriera breve e fortunatissima.
Per una volta lasciamo perdere ogni preconcetto nei loro confronti, questo disco merita davvero e ora parola a Oliver Sykes, il tatuatissimo frontman della band di Sheffield.
Oli leggendo alcune interviste recenti ho notato che le liriche del disco trattano prevalentemente ciò che ti è successo nell’ultimo anno, sia nel privato che con la band. Vuoi parlarcene?
O.S.: L’ultima annata è stata una delle più intense e ricche di sorprese della mia vita. Ho vissuto momenti belli e brutti in amore, notato come la gente tende a farsi pubblicità o a cercare di fare soldi immischiandomi in storie assurde e così via. Fortunatamente oltre a tutto ciò ci sono tante cose belle di cui vado enormemente fiero, la mia famiglia, la band e la Drop Dead. In “Suicide season” ho cercato di dare spazio a diversi temi e non a uno predominante, scelta che inizialmente mi fece pensare ma che oggi reputo sia stata perfetta.
Nelle tre produzioni ufficiali sinora partorite avete sempre optato per soluzioni stilistiche assai diverse tra loro. A cosa dobbiamo tutto ciò? Alle vostre idee ancora poco chiare sulla strada da percorrere o alla voglia di mettersi sempre in gioco?
O.S.: Beh se ancora oggi suonassimo la stessa musica dell’EP d’esordio penso che le critiche nei nostri confronti si sarebbero triplicate! (ride) Da quando suoniamo assieme non ci siamo mai posti alcun limite sul da farsi, ognuno propone le sue idee e gli altri cercano di cavarne fuori qualcosa di utile per la band. Certo non sempre è così semplice, ma finora i risultati ci hanno dato ragione. Agli inizi suonavamo un metalcore abbastanza scarno e privo di fantasia lo ammetto, ma bisogna anche tener conto che quando i Bring Me The Horizon presero forma eravamo poco più che ragazzini! Con “Count your blessings” le cose andarono meglio, il metal iniziava ad avere sempre più importanza nel nostro sound e la cosa si nota facilmente all’interno dei brani di quel disco. “Suicide season” è il punto finale di questo viaggio introspettivo, è ciò che i Bring Me The Horizon volevano produrre dagli inizi e finalmente ci siamo riusciti. Siamo molto orgogliosi di questo disco.
L’attenzione dei media attorno a voi è cresciuta a dismisura negli ultimi tempi, copertine di riviste internazionali, passaggi TV e tour mondiali… Come vivete questa popolarità?
O.S.: Nel modo giusto, ossia cercando di non farsi travolgere dai fatti e di rimanere sempre coi piedi per terra. Veniamo da Sheffield, una città operaia dove per emergere devi fare il doppio dei sacrifici rispetto a qualunque altra località britannica. Il fatto che noi ce l’abbiamo fatta è abbastanza significativo visto che di gavetta ne abbiamo fatta parecchia. Il successo non ci ha storditi, ci sta semplicemente aiutando a far emergere un certo tipo di musica che fino a poco tempo fa non veniva nemmeno considerato dalla maggior parte dei media internazionali.
E’ lecito ammettere che i Bring Me The Horizon senza la tua figura perderebbero buona parte del loro fanbase?
O.S.: Difficile darti una risposta. Di sicuro una buona parte dei fan è legata a me, ma al tempo stesso reputo sbagliato ed egoista pensare ciò. Se ascolti i nuovi brani noterai che la crescita tecnica dei miei compagni di viaggio è fenomenale, ogni canzone vanta parti strumentali eccezionali e il merito non è di certo mio! Anche senza di me i Bring Me The Horizon continuerebbero a esistere, ne sono certo.
L’estate scorsa vi siete imbattuti per la prima volta con il Vans Warped Tour e gli Stati Uniti. Che idea ti sei fatto del panorama musicale statunitense?
O.S.: A livello di idee e organizzazione sono cento volte più avanti rispetto all’Europa. Sanno mettere in piedi festival giganteschi senza per questo andare nel pallone di fronte al primo problema e sanno gestire decine di band senza che nessuna di essa abbia qualcosa da dire. Per quel che concerne il pubblico e l’attenzione mediatica dico che in Europa siamo molto più attenti ed esigenti, gli americani non ascoltano ciò che hai da dire ma cercano solo di creare il caos in modo da sballarsi un po’. Il pubblico europeo è invece attento ai suoni, a ciò che ha da dire il frontman ed è molto più partecipe all’interno di uno show. Di sicuro ciò è dovuto al fatto che gli americani hanno la possibilità di assistere a molti più concerti rispetto a quelli che passano in Europa e la cosa li rende più freddi e meno entusiasti. Del Warped non posso che essere pienamente soddisfatto, ho visto suonare dal vivo un sacco di band e conosciuto moltissime persone interessanti. A novembre torneremo negli States per un lungo tour da headliner, non vedo l’ora…
Tornando a parlare del disco vi siete affidati a un mostro delle produzioni metal quale Fredrik Nordstrom, personaggio che ha già lavorato con At The Gates, In Flames e molte altre realtà metal mondiali. Come siete arrivati a lui?
O.S.: Prima di entrare in studio ero letteralmente innamorato dei suoni dell’ultimo lavoro dei Dimmu Borgir, così a furia di ripetermi quanto erano fighi quegli effetti mi decisi a scrivere una mail a Fredrik. La sua risposta fu entusiasta e così non ci volle molto prima che prendessimo il primo volo per la Svezia e iniziassimo a lavorare con lui! Il risultato finale è sicuramente quello che volevamo ottenere, suoni pieni e cristallini, dal grande impatto.
Quali obiettivi vi siete preposti per quel che concerne questo disco?
O.S.: Nessuno in particolare. Sia noi che la nostra etichetta siamo consci della grave situazione del mercato discografico quindi prenderemo ogni dato di vendita con entusiasmo. Già in questo periodo siamo molto soddisfatti di come stanno andando le cose, abbiamo venduto molto sia in Europa che nel mondo e il futuro non può che essere dalla nostra parte visto che siamo soliti passare tre quarti dell’anno in tour.
In molti per descrivere “Suicide season” vi hanno citato al fianco di band come Gallows, Bury Your Dead e Bullet For My Valentine, sei d’accordo?
O.S.: Questo disco è molto vario, è logico che si tenda ad affiancarci a band dedite al nostro sound. I tre nomi che hai citato sono nostri amici e per questo siamo orgogliosi di averli vicini a noi, ma musicalmente direi che sono lontani anni luce da quanto da noi proposto oggi. Siamo forse più inclini al death melodico scandinavo che a suoni così mainstream.
In chiusura parliamo del futuro tuo e della band. Quali sono i progetti per questo finale di anno e per il 2009?
O.S.: Personalmente continuare ad avere gli stessi risultati strepitosi ottenuti finora con la mia marca d’abbigliamento (la Drop Dead – nda), mentre per quel che concerne i Bring Me The Horizon il nuovo anno sarà ancora una volta quasi totalmente strutturato su live show in giro per il mondo!