Ragazzi e’ un vero piacere potervi conoscere. Siete attivi da anni sulla scena sotto varie forme e formazioni per cui a voi l’onere di presentarvi ai lettori di Punkadeka.it
Schen: Ciao, siamo quattro ragazzi bresciani/mantovani. Nonostante vari cambi resistiamo dal 2002 perchè prendiamo il gruppo e la musica in maniera molto semplice e spontanea, facciamo sempre quello che ci va di fare, senza forzature. Questo ci permette di coltivare anche i nostri altri interessi.
Immagino che questa domanda sia assolutamente scontata ma non posso esimermi dal farla: nessun collegamento tra il celebre poeta inglese Blake e il vostro nome?!
Schen: No, nessuno. Come sarà accaduto a molte band, dovevamo fare il primo concerto e abbiamo scelto il nome in fretta.
Avete inciso da poco “I was young in the 90’s”, potreste descriverlo con parole vostre e a modo vostro?! Come definireste il vostro sound?!
Matteo: Mah, io direi che è un cd di punk in senso lato. Il nostro sound è un’accozzaglia di scopiazzature palesi, di cose sentite e risentite e non ha neppure un alto tasso tecnico; solo ogni tanto c’è qualche spunto originale. Avrei potuto dirti che è un capolavoro, ma sarebbe stata una bugia grande come il buco nell’ozono. Il cd è il risultato di un paio d’ore di prove alla settimana e riflette i nostri ascolti musicali; nei testi trattiamo generalmente di tematiche personali senza scadere nell’autobiografismo spicciolo o nel sentimentalismo. Ci piace l’idea che quando uno ascolta un nostro pezzo possa immedesimarsi e magari fare un tuffo nel passato perché ciò che sta ascoltando gli ricorda qualcosa di già sentito, magari quando era “young in the 90’s”. Non saprei però come definire il nostro genere; nerdcore, punk’n’elvis, melodic-emo-rock-core…. scegli pure la definizione che preferisci.
Nel vostro disco spaziate dal power-pop (“The importance of being the nerdest”) al pop-rock con echi di primi Franz Ferdinand (“A lovely country town”) riuscendo anche a scrivere graffianti pezzi (punk) rock (“Seriously”). Se dovessi darmi qualche riferimento musicale per inquadrarvi quali band hanno formato il vostro background?!
Matteo: È innegabile che i gruppi che copiamo di più sono Farside, Face to Face e Seed’n’Feed; il nostro ultimo album deve moltissimo a queste tre bands. Tu hai citato Franz Ferdinand; in tutta onestà non credo di aver mai sentito una loro canzone. Ognuno di noi ha poi le sue preferenze; diciamo che gli ascolti all’interno del gruppo vanno da Burnside ai Minor threat.
Come mai avete deciso di lavorare per la registrazione con Alex dei romani Jet Market?! Di sicuro non sono una band che vi si può accostare musicalmente sebbene siano anche loro “nati negli anni ‘90”.
Schen: “I was young in the 90’s” è il secondo disco che registriamo da Alex, dopo “long live pessimism!”. Il motivo principale della nostra scelta è l’amicizia che ci lega, il fatto che ci fidiamo di lui. La scelta di uno studio è molto importante, ma c’è da dire che noi Blake non siamo davvero degli intenditori di suoni, quindi non sapremmo bene dove altro sbattere la testa. Inoltre registrare all’Hell smell vuol dire 10/15 giorni di vacanze a Roma.
Confesso che la prima volta che ho ascoltato il vostro disco mi sono detto “E porca puttana ora anche la No Reason Records si è data alle produzioni da emo-checca”. Ad un primo ascolto lo ho trovato quasi impalpabile sebbene sentissi che vi era qualcosa di nascosto dentro che dovevo trovare. Poi come ben sapete la mia opinione si è trasformata. Come ti spieghi questa particolarità del vostro disco che anche altri ascoltatori hanno ritrovato?
Giacomo M. : Innanzitutto penso che ogni ascoltatore sia diverso, ciascuno ha il proprio bagaglio di conoscenze musicali e di emozioni che lo portano a considerare un disco in un certo modo. Storpiando una celebre citazione si può dire che “la bellezza di un disco è nell’orecchio di chi ascolta”, mi è infatti capitato molte volte di ascoltare lo stesso disco a distanza di mesi o anni e cambiare decisamente opinione. Detto questo, forse al primo ascolto hai pensato che non c’era niente di nuovo nel nostro sound e che la nostra tecnica non è eccezionale, tutto vero! Tuttavia il nostro intento è proprio quello di attenerci al sound di band che adoriamo senza compromessi, cioè senza ricercare per forza una “plasticità” sia di suoni che di arrangiamenti in linea con le mode del momento che fanno impazzire i ragazzini; forse proprio questa nostalgica rievocazione degli anni ’90 ti ha fatto cambiare prospettiva sul disco.
So che uno di voi è anche docente. Come riuscite a coniugare questa doppia vita?! Come reagiscono gli studenti davanti ad un professore rocker?! Non ditemi che riuscite a negare davanti alle loro famiglie la passione di noi punk per l’alcool e il divertimento?!J
Matteo: Ad essere sincero non ho grossi problemi in quanto il lavoro è una cosa, i miei hobbies sono altro. Può capitare che gli alunni chiedano i miei ascolti musicali o se per caso io suoni in una band; io rispondo sempre volentieri e non faccio certo mistero che mi piaccia andare ai concerti e bere un paio di birre in compagnia. In fondo quando un docente ti chiede la perifrastica passiva o l’aoristo di ἔρχομαι oppure la parafrasi di un passo della Divina Commedia, il tuo problema rimane sempre quello di portare a casa un 6, sia che il docente ascolti punk, sia che ascolti Claudio Baglioni!
Nei vostri testi e nel vostro sound ho ritrovato più di un riferimento letterario e cinematografico. Chi è il nerdest del gruppo e da cosa nasce questa voglia di contaminazione trasversale?!
Matteo: Hai ragione; ci sono alcune allusioni al mondo letterario, musicale e cinematografico che di solito nascono per puro divertimento e per stimolare l’ascoltatore (ed il lettore dei testi) a fare collegamenti. Nel gruppo siamo tutti a modo nostro un po’ nerd (chi per l’aspetto, chi per lo studio, chi per la sfortuna nelle vicende amorose).
Dopo “I was young in the 90’s” avete anche inciso uno split con i Seed n Feed però non su No Reason. Come mai questa scelta e soprattutto come mai a cosi breve distanza dall’album?! Se non sbaglio vi siete anche cimentati con l’italiano nel disco giusto?
Marco: Lo split con i Seed’n’Feed è nato in modo abbastanza casuale. Durante le registrazione di “I was young in the 90’s” avevamo infatti registrato anche quei 5 brani in italiano di cui non sapevamo proprio cosa fare. L’idea è poi venuta a fine Febbraio con Lorenzo (Seed’n’Feed/Indigo) durante i postumi di un concerto a Torino ed in pochissime settimane il disco era già pronto. Dunque è stata la voglia di realizzare questo Split unita alla nostra mancanza totale di logica economico-commerciale (lo split è infatti uscito a distanza di solo poco più di un mese dall’uscita dell’album!) a portarci alla scelta di autoprodurre il lavoro in 300 copie totali (150 a band). Ad ogni modo ritengo che NoReason non sarebbe stata giustamente interessata alla stampa sia perché il nostro full lenght era da poco uscito e sia perché dovevano ancora rendersi bene conto di quanto i Blake avrebbero gravato sulle loro tasche con un solo disco…figuriamoci con due! J
C’è comunque da dire che il sostegno non è mancato sia da parte dell’etichetta Inconsapevole Records di Matteo Caldari (Bassista dei Seed’n’Feed) che dal web store Punkyourstore.com (collaborante con NoReason). Entrambi hanno infatti messo a disposizione uno spazio per l’ordine dei dischi.
In onda in questi giorni sulle reti del Biscione vi è un programma che celebra i mitici Anni ’80. Se dovessi fare un epitaffio degli anni ’90 cosa diresti in merito alla musica di quell’epoca e in cosa trovi si differenzi da quello che poi è stata la deriva del nuovo Millennio?!
Giacomo M. : In ogni decade c’è qualcosa da tenere e qualcos’altro da buttare. In quella decade, riguardo al punk, trovo ci sia il giusto equilibrio tra spontaneità ed evoluzione del genere, mi spiego… Mentre il punk del ’77 era appena nato e faceva della spontaneità il suo punto di forza, oggi è stato perso quasi ogni tipo di spontaneità e l’evoluzione che c’è stata sta storpiando troppo il genere, tant’è che le major e non solo hanno imparato bene a far passare per punk il primo gruppo di ragazzini laccati ed addobbati ad arte che suona power chords. Le band degli anni ’90 hanno avuto il merito di introdurre alcune novità senza dimenticare il passato. Il sound era ancora sporco al punto giusto e gli arrangiamenti genuini.
Musicalmente parlando per noi ragazzi “punk” è stato un decennio fondamentale. Io personalmente sono cresciuto con “Punk in drublic”, “Smash”, “And out come the wolves” e “Life on a plate” (anche se la lista potrebbe essere decisamente più lunga). Se dovesse fare una lista del meglio degli anni ’90 cosa mi direste?!
Giacomo M. :Mi vengono in mente per primi i Face To Face, che per me sono l’emblema degli anni ’90, poi oltre ai capolavori che menzionavi, vorrei ricordare Farside, Samiam, Sense Field, Get Up Kids, Mxpx, Hot Water Music, Alkaline Trio, Lagwagon, No Use For A Name…
Come siete arrivati alla No Reason records?! Cosa credi che abbia spinto i ragazzi a puntare su di voi nonostante la loro fede purista per il cosiddetto “sound of the 90’s?! Come vi sentite su di un’etichetta che ha fatto sempre dell’integralismo punk rock nella sua forma più genuina il suo credo?!
Marco: Abbiamo conosciuto NoReason (Ste e Dami) tramite l’organizzazione dell’Extreme Sound Festival, evento estivo che abbiamo portato avanti per 3 anni consecutivi (2007 – 2009) tra il mantovano ed il bresciano (con Antillectual, Actionmen, Seed’n’Feed, Indigo, Me For Rent, Nettezza Umana…). Ed è stato dal 2008, dopo l’uscita del disco precedente “Long Live Pessimism!”, che abbiamo mantenuto i contatti soprattutto per l’organizzazione di numerose serate ed eventi. Credo dunque che l’uscita di “I was young in the 90’s” sia dovuta in buona parte anche al rapporto di stima e fiducia instauratosi. Credo questo sia importante perché negli ultimi anni abbiamo vissuto un declino del punk rock in generale che ha comportato per molte grandissime band la strada del “Do It Yourself” e per le poche etichette recentemente nate, come la NoReason, la strada del “Passion Rules!” in quanto l’etichetta viene ridimensionata (e questo può, da un certo punto di vista, essere solo che un bene) a essere l’hobby primario. Credo quindi che essere supportati da un’etichetta che accetta, come la band, la “sfida” di promuovere qualcosa in cui crede, con la consapevolezza che faticherà tanto anche solo per rientrare nelle spese, sia importante anche per noi stessi; ma terrei umilmente a precisare che l’etichetta non deve essere l’obbiettivo di una band e che averne la foga di appartenenza può portare solo a sterili ostentazioni. Ho infatti assistito, come credo molti di voi, ad obbrobri digitali ed ad un pericoloso distacco tra band e label. Alla luce di tutto questo le mie band preferite italiane mi hanno insegnato che l’importante consiste nel liberare le passioni (politiche, musicali o amorose che siano) e nel vivere l’amicizia; e credo proprio me ne abbiano dato prova!
Tra pochi giorni aprirete il concerto di una delle più “cool” band in circolazione, i “Gaslight Anthem”. Erano una delle mie band preferite ma confesso che l’ultimo disco mi ha decisamente deluso. Quale è la vostra opinione sulla band e sulla loro evoluzione musicale?!
Schen: anche a me piacciono, sicuramente preferisco “the 59 sound” all’ultimo, che è comunque un ottimo album ma dopo un po’ tende a stufarmi.
Sicuramente i Gaslight Anthem sono un’ottima band ma come qualsiasi band avete anche voi il vostro sogno nel cassetto di dividere il palco con band celebri. Se doveste farmi una top 3 con relativi perché, con chi vorreste dividere il palco?!
Schen: io metterei i Face to face che si sono riformati e che spero passeranno dall’Italia con il nuovo disco; i Palsy, che invece non si riformeranno mai e… non saprei. Diciamo che in generale non abbiamo la smania di suonare con i grupponi che non ti guardano neanche e non ti prestano un cavo. Se succede ben venga, ma credo che la nostra dimensione perfetta sia il piccolo locale caldissimo o il centro sociale.
Bene ragazzi è stato un piacere conoscervi un po’ meglio e spero di potervi vedere presto su di un palco. Per concludere prima di darvi il microfono per salutare come vi pare i lettori di punkadeka ultima domanda: progetti per il prossimo futuro?!
Marco: Ringraziandovi per lo spazio concesso, ci limitiamo a dire che stiamo continuando a scrivere pezzi nuovi e che continueremo a strimpellare in giro finché gli impegni lavorativi e universitari non ci strangoleranno totalmente. Grazie ancora Punkadeka e grazie Tamburlini!
Schen: Vorrei fare un piccolo appello a punkadeka e alle altre webzine. Da utente mi sono accorto che alcune volte le webzine svolgono il loro “lavoro” in modo “passivo”: faccio un intervista o recensisco un disco se me lo manda l’etichetta. In questo modo si vedono un po’ sempre gli stessi nomi, che magari non sono proprio i migliori (vedi Blake). Questo dipende anche dal fatto che tanti gruppi (anche ottimi) in Italia non hanno un’etichetta che gli può dare una mano in questo senso, probabilmente in altri Stati ci sono miriade di etichette molto attive. Detto questo ringrazio anche io punkadeka e tutti i suoi collaboratori che fanno un lavoraccio per tutti noi.