Due band italiane alla conquista dell’Europa dell’Est. Un viaggio ricco di aneddoti raccontato dai diretti interessati!
Protagonisti: Bedtime for Charlie, Jet Market
24 Febbraio,Ljubljana (SLO), “Tovarna Rog”
Temperatura: +1,5°
Si parte da Roma piuttosto presto e la strada tra l’Italia e la Slovenia scivola via come nulla fosse, tra una rivincita a "Mario Kart" in sospeso dallo scorso tour e i classici scherzi ai malcapitati che si addormentano (vedi frenata improvvisa e tutti che urlano… Da infarto!). L’entusiasmo iniziale viene prontamente smorzato a meno di un chilometro dopo il confine,dove veniamo fermati a un posto di blocco e multati di 185 euro perché privi del bollino per le autostrade slovene di cui ignoravamo totalmente l’esistenza (e che tra l’altro non veniva né segnalato né pubblicizzato da nessuna parte). Tracaselli,multa e benzina siamo già sotto di circa 350 euro… Niente male come inizio! Arriviamo a Ljubljana che è già buio. Il Tovarna Rog (Taverna Rossa) è una grossa struttura in una specie di centro sociale formato da diversi edifici al centro della città: quando entriamo è praticamente deserto e non si vede nulla, mentre l’unico suono è quello degli skateboards proveniente da chissà dove che ci fa pensare che il posto sia infestato dai fantasmi. Riusciamo a incontrare dei locals che ci accompagnano all’ingresso mentre una ragazza in un terrificante costume di carnevale veneziano ci offre delle bombe alla marmellata, rendendo l’atmosfera (che già si presentava abbastanza strana) del tutto surreale. Il locale è molto grande e ha un bel palco,ma ci preannunciano che la data non sarà un granchè perché la città festeggia il carnevale e tutti sono a delle feste in maschera… E così fu. Noi la prendiamo con filosofia e ci divertiamo come matti anche davanti ai 15 presenti, poi andiamo subito a dormire su dei materassi preparati per noi in una stanzetta accanto al locale dove veniamo regolarmente svegliati dal legittimo proprietario della casa, un cagnone bavoso.
25 Febbraio, DAY OFF
Noi e i Jet Market siamo già stati in tour in Ucraina nel 2008 e conosciamo bene i rischi che si possono correre alla frontiera, dunque è stato deciso di prendere un giorno libero per entrarci in tutta tranquillità. Con nostra grande sorpresa passiamo in meno di 20 minuti e senza alcuna grana da parte delle autorità locali, dopo un’inaspettata perquisizione al centimetro tra Slovenia e Croazia dove ci avevano minacciato di rinchiuderci nelle prigioni croate se trovati anche solo con minime tracce di droga. L’Ucraina si fa subito riconoscere per le sue micidiali “autostrade” sterrate che richiedono il doppio del tempo di percorrenza di quelle per così dire “normali”. Per questo l’arrivo nella cittadina dove dobbiamo suonare il giorno dopo, Ivano Frankivs’k, è un’odissea infinita. Arriviamo stremati nella casa del promoter e ci addormentiamo in un batter d’occhio, incuranti dei 20 ragazzini ubriachi che infestano le due stanze.
26 Febbraio, Ivano Frankivs’k (UA), “Chimaera”
Temperatura: 0°
Dopo una poco entusiasmante mattinata passata a girovagare per la tutt’altro che ridente cittadina insieme all’odiosissimo promoter ucraino/avellinese, finalmente diamo il via a quello che tutti consideriamo il vero e proprio “first show” del tour. Il locale (una sorta di pub senza palco) è affollatissimo: i kids cantano a squarciagola e si dimenano… Fuori fa freddo e nevica ma dentro l’atmosfera è rovente! Felici come bambini ci ritiriamo nell’appartamento che ci hanno affittato, dove guardiamo un po’ di incomprensibile televisione ucraina e possiamo godere di quell’incredibile lusso che è una doccia funzionante.
27 Febbraio, L’Viv (UA), “Cinema Kyiv”
Temperatura: -1°
A L’Viv siamo in chiusura di un grosso festival di band locali che si tiene in un cinema-teatro in centro. Arriviamo, scarichiamo nell’affollatissimo backstage e veniamo portati da un ragazzo italo/ucraino (un altro?!) in un ristorante poco lontano, dove assaggiamo le delizie del luogo. Fuori intanto infuria una tempesta di neve e iniziamo a dare i primi segni di ipotermia,quindi ognuno cerca di riscaldarsi come può: Noi facciamo l’errore di scegliere come mezzo di riscaldamento la vodka – praticamente impostaci dagli insistenti ragazzi del posto – e dopo svariati brindisi non ci reggiamo quasi più in piedi. Il concerto è una bomba, suoniamo davanti a 400 persone scatenate e diamo tutto. Putroppo nessuno ci aveva avvertito dei limiti d’orario e il nostro set toglie un po’ a quello dei Jet Market,costretti a tagliare perché superata la deadline. Per le prossime date decidiamo di accorciare la scaletta. Andiamo a dormire a casa del ragazzo che parla italiano, che ci costringe ad addormentarci guardando il suo film preferito di sempre, "Natale sul Nilo".Buonanotte.
28 Febbraio, Kiev (UA), “Cheshire Cat”
La strada è lunga e ci svegliamo presto per cercare di non fare tardi, ma purtroppo non è abbastanza. Percorriamo a fatica 300 chilometri su strade dissestate, confuse e sulle quali non funziona il GPS, poi,già in un ritardo pazzesco, a 100 chilometri da Kiev rimaniamo bloccati nella peggiore tempesta di neve del SECOLO. Incubo. Fuori non si vede nulla e dobbiamo procedere a 20 all’ora, rischiando più volte di finire fuori strada. Proviamo a fermarci sotto la tettoia di una stazione di servizio chiusa per montare le catene,ma l’unica cosa che otteniamo è la sgradevole sensazione di non avere più i piedi. Riprendiamo la strada cercando di fare quello che possiamo. I concerti nell’est iniziano ridicolmente presto e riceviamo dozzine di chiamate che ci intimano di sbrigarci. Dopo circa 13 ore di viaggio e almeno 10 anni di vita in meno raggiungiamo le porte di Kiev, ci facciamo venire a prendere e arriviamo al locale: in un battibaleno scarichiamo, montiamo e attacchiamo a suonare. Il pubblico è in delirio,tutti ci hanno aspettato per ore e circle pit e stage diving si susseguono senza sosta. Purtroppo è tardissimo e riusciamo a suonare solamente 3 pezzi a band, poi il locale caccia tutti fuori perché deve iniziare la serata dark. Peccato,poteva essere il miglior concerto del tour, ma almeno siamo riusciti a suonare un po’ e non abbiamo dovuto cancellare. Il promoter (un ragazzone simpatico che ci ricordiamo dall’anno scorso) ci accompagna all’appartamento di qualcuno dove stramazziamo al suolo distrutti, mentre i locals che hanno invaso le altre stanze sbraitano e fanno casino.
1 Marzo, Dnepropetrovsk (UA), “Rock Cafe”
Temperatura: -3°
Questa città con un nome impossibile è il quartier generale di Shura,il mitico promoter che ha organizzato e monitorato tutto il tour,e siamo tutti contentissimi di rivederlo. Come un anno fa, anche stavolta il concerto non è il massimo ma noi ci divertiamo lo stesso e intratteniamo il pubblico con il nostro repertorio di parolacce in russo. Abbiamo tutti bisogno di usare Internet e, dopo aver lasciato le valigie nell’appartamento della serata, andiamo a parcheggiare il furgone in un centro commerciale dove c’è un Internet Point. Il ritorno a piedi a casa ci ricorda quella scena della "Compagnia dell’anello" in cui i protagonisti devono attraversare le montagne con una tormenta di neve, tutti incappucciati procediamo in fila indiana, ognuno camminando nelle impronte di quello davanti, mentre ci trasformiamo lentamente in pupazzi di neve e ci mimetizziamo con la distesa bianca che ci circonda.
2 Marzo, Kharkiv (UA), “Churchill’s”
L’ultima data in Ucraina è anche una delle poche del tour in cui suoniamo nello stesso club dell’anno scorso… E l’anno scorso il concerto al Churchill’s fu incredibile, quindi ci aspettiamo tutti parecchio dalla serata! L’arrivo è come sempre difficoltoso e pieno di pericoli, soprattutto per quanto riguarda la maledetta Polizia ucraina. Le strade che uniscono le città sono sempre pienissime di posti di blocco,in cui questi odiosi poliziotti con i loro ridicoli cappellini e dei manganelli bianchi e neri ti fanno accostare e minacciano di toglierti la patente per i motivi più assurdi (l’anno scorso ci era addirittura capitato un caso di multa per adesivi sul furgone e una per piercing al naso!!!), facendosi corrompere da mazzette irrisorie. Noi abbiamo però elaborato una tecnica evasiva per evitare questi bastardi: quella di attaccarci al culo di un camion quando le macchine dall’altra parte lampeggiano in segno di avvertimento in modo da risultare praticamente invisibili per qualche secondo. Credetemi… Le facce di quegli ebeti che ti guardano sorpresi una volta passati non hanno prezzo! Nonostante sia lunedì il concerto non delude le aspettative e registriamo tutto il live. Nell’after show la vodka scorre a fiumi, qualcuno vomita l’anima e qualcun altro rischia di rompersi l’osso del collo scivolando sul ghiaccio,ma per fortuna arriviamo tutti incolumi a casa. Spasiba.
3 Marzo, Belgorod (RU), “Stroitel”
Temperatura: -8°
Siamo molto vicini al confine e la prima città russa del tour è a pochi chilometri, ma ancora una volta rischiamo di fare tardi per via di tafferugli vari alla frontiera che ci rallentano considerevolmente. Arriviamo a Belgorod dove scopriamo di suonare praticamente in una scuola e il numerosissimo pubblico non supera i 19 anni. Carne fresca. Il concerto non è male e finisce in una battaglia di palle di neve mentre ricarichiamo il furgone. Per una sera siamo in una casa normale e dopo una sostanziosissima cena a base di strane verdure e acqua alla granatina,sprofondiamo nel divano sognando il sole caldo di casa nostra.
4 Marzo, Tula (RU), “Ring Club”
Temperatura: -9°
Il freddo inizia a farsi seriamente insostenibile, di sicuro Vans e Converse non sono esattamente le scarpe più adatte per affrontarlo. Prima di partire impieghiamo più di venti minuti a scrostare il ghiaccio dal parabrezza del furgone poi via lungo un’interminabile strada attraverso le immense e innevate steppe russe, dove i geloni a mani e piedi iniziano a farci dubitare che l’organizzazione di questo tour in inverno sia stata una buona idea. Tula è situata al centro della Russia europea e impieghiamo le solite 12 ore per raggiungerla. Il Ring Club più che un club sembra un buio scantinato pieno zeppo di punk russi: appena arrivati veniamo subito assaltati da quelli che abbiamo soprannominato i “vampiri” (non chiedetemi perché), ossia i fastidiosissimi accolli da concerto, spesso ubriachi ma qualche volta proprio fuori di testa, che attaccano a parlare nel loro inglese impossibile e dai quali è difficilissimoliberarsi. L’umidità nello squat è micidiale e ci bastano due minuti sul palco per essere bagnati fradici. Sotto intanto si scatena il putiferio e qualcuno esagera a tal punto che minacciamo di interrompere il concerto se non si mostri almeno l’accortezza di evitare di romperci i denti colpendo le aste dei microfoni. Dopo lo show veniamo tutti assaltati da una non proprio aggraziatissima ragazza di 150 chili (che già ci aveva molestati a dovere mentre suonavamo) quindi carichiamo tutto in fretta e fuggiamo da questo posto e questa situazione allucinante.
5 Marzo, Nizhny Novgorod (RU), “X-Name”
Lo sapevate che la Russia è talmente grande da aver bisogno di utilizzare lo stesso nome per due città diverse? Beh a noi per fortuna nessuno lo aveva detto, quindi cartina alla mano ci avviamo allegramente verso Novgorod,nel Nord. Dopo 400 chilometri per fortuna qualche anima pia alla domanda “Where to Novgorod?” ci chiede “Novgorod or Nizhny Novgorod?”, facendoci scoprire l’amara verità, ossia che in tutto questo tempo abbiamo viaggiato nella direzione sbagliata. Novgorod è una grossa città poco sotto San Pietroburgo, mentre Nizhny Novgorod è poco più che un paesino nell’est, tanto, tanto lontano. Mestamente facciamo inversione e tutto sembra, ancora una volta, un grande e interminabile incubo. Riusciamo finalmente ad arrivare e suoniamo in questa specie di ristorante, ma siamo talmente stremati che nessuno ha veramente voglia di far casino. Dopo giorni e giorni di distanze infinite, temperature al limite della sopportazione e fatica, l’unica cosa che vogliamo veramente è poter dormire in una casa, una stanza o qualunque altro posto… SOLI. Purtroppo stavolta si esagera e veniamo portati in un bilocale insieme ad altri 25 ragazzini usciti da non si sa dove e quando ci viene presentata come cena un pentolone di grano saraceno col ketchup, non ci vediamo davvero più e sbrocchiamo di brutto al promoter, invitandolo a chiamare i posti dei giorni successivi per chiedergli perlomeno cene decenti e posti tranquilli dove dormire. Lo stress purtroppo gioca brutti scherzi.
6 Marzo, Ribynsk (RU), “Colnce Club”
Ancora una volta più di 10 ore per arrivare a destinazione, ancora una volta un freddo incredibile, ancora una volta una miriade di scherzi a Roberto per passare il tempo. Stavolta però la situazione che troviamo al locale è totalmente differente. Il posto è incredibile: una specie di palazzetto dello sport con un palco immenso dove veniamo trattati benissimo e portati a mangiare al ristorante. Il concerto è carino ma il pubblico è composto per la maggior parte da ragazzi piuttosto giovani e sono in pochi a conoscerci, ma l’audience sembra gradire e si diverte, soprattutto quando Domenico si esibisce nel classico trucchetto della foca con la bacchetta sul naso. Dormiamo a casa di uno degli organizzatori ma un ragazzo ubriaco si è pisciato sotto su uno dei letti destinati a noi, quindi ancora una volta si dorme per terra. Standard.
7 Marzo, Mosca (RU), “Residance Club”
Temperatura: -11°
La distanza stavolta è poca e facciamo il grave errore di prendercela comoda, arrivando parecchio tardi anche stavolta. Per fortuna la situazione non è troppo grave e riusciamo comunque a suonare i set quasi per intero, in quello che probabilmente è il miglior concerto del tour. Il locale è enorme e gremito di fans, tutti cantano e si divertono. Quando attacchiamo con i primi accordi di "Man on Mars", il boato sottostante ci fa capire finalmente perché abbiamo fatto tutti questi chilometri, affrontando le intemperie e i disagi, arrivando quasi a rischiare le nostre stesse vite. Quei 40 minuti compensano tutto questo e per un attimo ci sentiamo bene come se fossimo a casa nostra.
8 Marzo, Egor’evsk (RU), “Wild Club”
Prima di partire per l’ultima città della Russia in programma i simpaticissimi ragazzi che ci hanno ospitato ci accompagnano in un piccolo tour della zona universitaria di Mosca, dove scopriamo le buonissime patate ripiene russe (senza doppi sensi). Si unisce a noi il mitico Sergei, batterista di una formidabile band locale che però non siamo purtroppo mai riusciti a vedere (i Trick Shots) e che ci accompagnerà fino a Minsk. Il Wild Club ce lo ricordavamo dall’anno scorso e ritroviamo con piacere le assurde sculture cyber punk che lo contraddistinguono. Il concerto è nella media e decidiamo di partire subito dopo e passare la nottata in bianco, visto che i chilometri perentrare in Bielorussia sono più di 700 e di mezzo c’è anche la frontiera. Durante la notte rischiamo seriamente di morire tutti: le strade sono ghiacciate e la visibilità è minima, perdiamo per almeno 15 secondi il controllo del furgone con un dirupo sulla destra ed i tir che arrivano dalla parte opposta sulla sinistra. Per fortuna la disavventura finisce bene, ma nessuno ha molta voglia di parlare per il resto del viaggio.
9 Marzo, Vitebsk (BY), “Zebra”
Stremati arriviamo nel pomeriggio a “Viterbo” (come l’abbiamo soprannominata per semplificare) e per un paio d’ore dormiamo a casa dell’organizzatore. Il locale è molto piccolo e ci dicono che alcune sere è un night club, particolare che interessa un po’ a tutti e per la prima volta fa venir voglia di rimanere un po’ di più dopo il concerto. Lo show non promette affatto bene ma si rivela ottimo, sia noi che il pubblico ci divertiamo parecchio. Dopo si beve e si scherza e ancora una volta si finisce a fare a palle di neve di fuori, stavolta soprattutto ai danni del povero Rob. Iniziamo ad essere davvero stanchi e un po’ tutti non vediamo l’ora di tornare a casa.
10 Marzo, Minsk (BY), “Luza”
Temperatura: – 7°
Fatta eccezione per me e Agostino, tutta la truppa è ammalata di brutto e il furgone ormai sembra un lazzaretto. Alex e Alessio hanno una tosse paurosa e sono senza voce, Rob e Domenico si sono beccati un bel febbrone, ma come velocisti che arrancano per gli ultimi metri in vista del traguardo, ci prepariamo allo scatto finale. Minsk è una bellissima città, ariosa e dall’aspetto totalmente europeo, siamo molto contenti di tornarvi a un anno di distanza. Il locale è molto grande e si riempie quasi subito, i gruppi di supporto sono ottimi (soprattutto uno che suona una cover di "Speculative fiction dei Propagandhi quasi perfetta, mi pare si chiamino Anyway). I nostri show sono molto divertenti e ce ne andiamo soddisfatti, il pubblico si diverte e finiamo completamente tutte le t-shirt che avevamo stampato per questo tour. La sera i promoter ci terrorizzano con storie di pena di morte e otto anni di carcere a ventenni trovati in possesso di marijuana, che ci fanno capire come questo non sia poi uno stato così europeo dopo tutto.
11 Marzo, Grodno (BY), “Flint”
E’ l’ultima data di un tour faticosissimo e il nome della città che ci attende sembra quello di un film horror di serie B. Salutiamo Sergei e partiamo, con gli sguardi e le menti rivolte altrove, già proiettati sulla strada del ritorno. Lasciamo le valigie in una casa e andiamo diretti al locale, un altro Night Club ma molto più grande di quello in cui avevamo già suonato. Tutti ci promettono che sarà la migliore data in Bielorussia, ma non ci crediamo molto. Allo show accorrono molti ragazzini,ma per lo più sono lì solo per sfogare le frustrazioni e non gli interessa molto la musica in sé visto che il pogo continua anche nell’intervallo tra i gruppi, quando quello che esce dalle casse è solo un CD messo dal fonico. Il concerto dei Bedtime è carino, quello dei Jet Market un disastro: il pubblico non ha nessun riguardo per noi e continua a invadere il palco usando le spie come trampolini,al punto che suonare diventa praticamente impossibile. Alla fine si rischia quasi una rissa con delle teste calde in prima fila e decidiamo di interrompere, andandocene abbastanza amareggiati ed esausti. Qualcuno decide di andare subito a dormire e qualcuno fa conquiste. Il seguito della serata è abbastanza allucinante e ci vede costretti a recarci in piena notte alla stazione di Polizia locale per aver toccato la macchina di una pazza furiosa in un parcheggio. Un degno finale direi.
12 Marzo, verso casa
Lasciamo Grodno in ritardo per la questione della stazione di Polizia ma non ce ne importa un granché, ormai l’unica cosa che vogliamo è scappare. Il tour è stato da una parte molto divertente,dall’altra una specie di prova di resistenza che solo in parte siamo riusciti a superare. Forse per la prima volta da molto tempo, non vediamo l’ora di tornare in Italia. Superata la frontiera, la Polonia ci sembra già una specie di luogo fatato e ci lasciamo cullare dal pensiero di poter presto tornare a dormire nei nostri letti e a mangiare del cibo familiare. Una cosa è certa: se ce l’abbiamo fatta a superare questo, qualunque altro tour ci sembrerà facile come bere un bicchier d’acqua. O, perché no,di vodka.