Ultimo giorno e sono triste, si perché sarebbe bello che tutto ciò durasse per sempre. Chiederei solo una flebo H24 e dove tenere il gatto, tanto mi basterebbe per vivere tutti i giorni della mia vita così. Ad alleviare tale tristezza ci pensano gli organizzatori del Bay Fest che per quest’anno si sono inventati la cosa più grezza, old style e selvaggia di tutti i festival di tutto lo stivale; il pool party! Grezza perché punks più tuffi più urla uguale follia irrefrenabile. Old style perché l’ambiente ricorda i club in cui si poteva fare di tutto pre e dopo concerto senza che ci fosse un omino che misurava col righello i decibel o l’altezza del soffitto (ridatemi il Rainbow club!!) luoghi in cui vi assicuro non si faceva mai male davvero nessuno. Selvaggia…beh perché ragazzi qui è come stare in una scatoletta di tonno con sotto un motore da 1600 cavalli.
Veniamo ora ai live che sono ovviamente la parte centrale dell’evento, quella che preferisco dato che odio gli schizzi e gli schiamazzi come una vecchia zitella che buca i palloni.
Giro sotto le transenne e nelle retrovie dove stanno gli osservatori (leggi chi vuole tenere le rotule al loro posto) e devo dire che la gente è li pronta ai nastri di partenza per divertirsi pesante, quasi come in un rituale di chiusura in cui bisogna fare quel di più per chiudere in bellezza. In pochi secondi il parterre è raso di gente, si sente che presto avverrà un’esplosione. Tempo zero salgono sul palco i TFV, quartetto che ha già calcato il palco del Bay nell’edizione 19 lasciando già allora un bel solco sul pavimento. La banda è impressionante, suonano esagerati e potentissimi. Saltano come grilli e rimpallano energia col pubblico come se fosse una partita di beach volley cento contro cento. Veramente bravi e potenti e con una presenza stage pazzesca. Non risparmiano nessuno e tutti gradiscono davvero tanto. Veramente un bello spettacolo! Special menzione per il batterista che suona come terremoto che si scontra un colpo di briscola di zio Lillo (di quelle che rompono i tavoli) generando un’onda d’urto pazzesca.
Tocca ora agli Anti Flag. La band ha pubblicato “2020 Vision”, un disco epocale, alla vigilia della pandemia, un LP che tanto mi ha dato durante quei mesi di merda e che tanto continua a darmi, fa parte dei miei “tirami su” durante i momentacci, di conseguenza sono davvero eccitato e grato all’idea di vederli con le pupille di questi occhi. Entrano dalla porticina incastrandosi come Lego sullo stage del Mapo club (sono in cinque sul palco, i quattro che conosciamo che sono già belli alti di loro più il tutto fare alla destra del batterista) vederli così stretti li rende ancora più punk e incazzati ai miei occhi. Sono una band come poche ne esistono; potenza, precisione, gusto e tanta passione per quello che dicono e che fanno. Un 360° che da portare sul palco è davvero difficile ma che a loro viene davvero bene e spontaneo. Il suddetto disco trova molto spazio nella scaletta combinandosi alla perfezione con i loro classiconi che oggi suonano ancora più fighi grazie al level up raggiunto nell’ultimo periodo dalla band. La scaletta già non arida offre anche un medley di classici punk con cui fanno saltare anche i signori degli alberghi vicini. Cris #2 è l’istrione di una cricca solida che spacca ossa e che ha come “difetto” di avere qualcosa da dire, da fare e da amare oltre alla sola energia che sono in grado sprigionare. Gli AF oggi sono una delle migliori band in circolazione che sa come veicolare messaggi etici evitando la retorica del consiglio da saggio di paese. Cazzo vorrei tanto suonare con loro, nel senso di essere preso nella band.
Il live finisce alla mezza esatta, come previsione voleva, dando di nuovo alla serata l’aspetto del partY in piscina con tanto di dj set. Mi perdo in chiacchiere con tanti amici, gente che come me mangerebbe pane, musica e musicisti. Persone molto speciali a cui sono affezionato.Il Bay Fest è finito anche quest’anno e devo dire che mi sono davvero divertito, qualche volta tanto e qualche volta tantissimo. Grazie!