Bay Fest 22 day 2, Women’s day

E’ la volta del giorno due, giornata non priva cambi, riordini e piacevoli scoperte. Lista di artisti varia e interessante che molto mi ha lasciato a fine giornata. Ho deciso di definirla il Women’s Day per i due personaggi che più mi hanno colpito; Brenna Red che con i suoi last Gang mi ha ricordato quanto sia importante vedere una band dal vivo per poterla poi apprezzare veramente su disco e Aimee Interrupter che con la sua ciurma si rivela essere uno degli artisti più carichi e carismatici del panorama, talmente tanto che a forza di salti da sto panorama ne stanno uscendo.

Questa volta l’acustico al BB non me lo perdo ma forse era meglio così, fin da subito si capisce che gli Spider non sono proprio una band da chitarrine, il loro tiro da quelle sei corde passa poco. Infatti è evidente che stiano proponendo il loro repertorio Hard Core senza adattarlo e ciò li fa apparire come dei Gipsy Kings con le epatite. Mi fermo qui nel descriverli perché suoneranno domani nel mai stage e li sarà un’altra cosa (spoiler, fighi)

Dopo una poltrita si va sotto il palcone a vedere i G.U.N Inc, nientepopodimeno che uno dei progetti del mitico Andy Mcfarlane, personaggio che se non lo conoscete dovete levarmi il saluto. La band porta sul palco il suo punk hard core rockerollato, Andy zompa come un regazzino, anche la sua voce ogni tanto fa altrettanto ma lui non se ne preoccupa e francamente la cosa fa molto colore, molto true. La band spara bene, è riffosa, pesante e i suoni tutto sommato sono pure buoni. Energia, impegno e follia sono ben dosati nella loro performance, spero di rivederli presto con un live set più lungo.

Tocca ora ai The Last Gang, confesso di non averli mai troppo seguiti prima, le loro songs mi sono sempre sembrate sciape e senza troppo attacco. Ma ecco che magicamente capisco (spirito santo della musica) e capisco che questi quattro ci sanno fare assai e che le loro canzoni sono scritte per essere suonate dal vivo e non per passare prima di tutto su Spotify, in special modo quelle presenti nell’ultimo album. I Lasty (soprannome inventato ora) sono davvero carichi, non stanno fermi un’attimo, dominano il palco nonostante siano alla fine del loro lungo tour, e lei (la mia nuova eroina miss Brenna) ha una presenza sul palco che spara carisma come un mitragliatore. Amo le band con voce femminile, lo sapete, ora ne amo una in più e non vedo l’ora di vederli presto.

Salgono sul palco i Blooklinesi (si dice?) Make War band org core, almeno così mi dicono, composta da personaggi simpatici e dall’atteggiamento umile, tipi da spiaggia direbbe zia Bea. Sono chiamati a colmare il buco lasciato dai Satanic Surfers  (che pare siano coviddati)  e lo fanno senza troppo pensarci regalando uno show compatto e deciso. Hanno l’aria scanzonata ma con la loro musica toccano differenti corde a tal punto che da pochi si diventa molto di più sotto il palco, cosa che li rende alquanto felici. Generi a parte la loro musica è fresca, attiva e ci sveglia dal torpore del caldo accumulato durante la pausa. Plauso particolare per la voce roca del cantante a cui raccomando di non pensare che gli italiani capiscano lo spagnolo e di smetterla con le camice sulle t-shirt e le calzette fantasmine.

Arriviamo agli Ignite dalla contea delle arance, recentemente visti al Punk in Drublic fest e che oggi mi soffermo di più a guardare. La cricca si butta tutta sul cantante che ad un certo punto rischia di dover tirare fuori i conigli dal cappello per dare una mossa allo show. Hanno l’aria un po’ troppo seriosa, suonano da paura certo, ma magari prendersi un po’ meno sul serio gioverebbe loro. La gente apprezza e non poco, il pogo è scatenato e Santana un paio di uscite azzeccate le fa per alimentarlo (si arrampica sul lato sinistro del palco portandomi alla Memoria un Havok che però ho il ricordo falso che era arrivato fino in cima, troppi anni), uscite cancellate dal bassista che si “butta” tra il pubblico per un circle pit furioso e una bella scorpacciata di polvere. Bravi ma mo due volte bastano.

Ora una banda che tutti ma proprio tutti amano, i secolari Millencolin! I ragazzi hanno una caratteristica oramai condivisa dai più, se non sono in buona la suonata va a schifo senza possibilità di recupero. Stasera suonano bene, lo smalto non sarà lo stesso dei tempi ma a loro non sembra che importi. Hanno lo spirito giusto, non mancano un colpo e il caro buon vecchio Nicola (sempre più simile a Phil Collins) fa la sua parte con quella simpatia e maestria che lo contraddistinguono. Poche sorprese per il live, tante hit, tanto amore per loro dal pubblico che non mancano di ricambiare. Il loro concerto fotocopia è una garanzia e (come già dicevo) se stanno in forma è davvero una bomba, si vede talmente tanto che nemmeno i problemi tecnici hanno rotto il feeling della band che dopo un breve stop è ripartita a cannone. Premio della critica a Matias, uno dei miei chitarristi preferiti, ginnico (fa certe sforbiciate) con le manone grosse e una chitarrina che in mano sua sembra un giocattolo e che lui fa andare come una motosega. Fantastico!

Dopo una sosta fatta di sigarette e bevute (con mezzo token ti facevi un bel bicchiere di vino) arriva il momento di uno degli eventi clou del Bay Fest; la suonata degli Interrupters. Prima di cominciare voglio fare una premessa importante, siamo davanti ad una band di caratura elevata al tal punto che con il punk rock c’entrano più niente o comunque sempre meno. Non si tratta di una critica ma di un dato di fatto, la band si sta lanciando in alto e il loro show lo prova. Sono in perenne movimento, i loro tempi sono da orologio svizzero, cantano meglio di quanto suonano e viceversa, niente è lasciato al caso e si vede. L’ultima volta davanti ai miei occhi fu allo Sherwood in apertura ai Dropkick Murphys, già impressionanti, oggi un altro pianeta. Le carte le avevano già tutte per fare un mega spettacolo allora, ora che possono farlo (vedi head liners) ciò che li aspetta è l’olimpo o comunque restare la più grande band del giro. Detto questo nella loro scaletta c’è spazio per tutte le loro songs più famose, per un medley (un po’ furbetto) che sfocia poi nell’esecuzione per intero di Sorrow dei Bad Religion (mi sono commosso), una coverazza del capo assoluto Bob Marley e due estratti dal loro nuovo album che devo dire funzionano al 50%. Nel senso che In the Mirror funzia e l’altra no. In ogni caso la famiglia Bivona è sinonimo di garanzia e se spingono bene bene ora, faranno una cosa molto difficile in tempi come questi per la nostra musica, passeranno alla storia.

Finisce la serata? No! Si va tutti al Beky a ballare al dj set di Andrea Rock che finalmente sceglie delle canzoni diverse, non tutte forse, ma almeno svecchia un po’ la situazione evitando così il classico set usb. Unica domanda che mi faccio è perché i dj mettono solo canzoni di artisti stranieri e non, oggi si può, di Italiani che spaccano e che hanno dei bei singoloni (un paio di idee io le avrei. Vi sento eh?! Certo che ci metterei anche un mio pezzo, sono mica fesso!). Tra le cose Andrea saluta il compianto e amatissimo Mono che un anno esatto fa stava su quel palco a fare la medesima cosa, metteva dischi e faceva ballare tutti allegramente nonostante il periodaccio che si stava passando.
Stiamo fino alla fine e pure oltre, ci perdiamo in chiacchiere con tutti i nostri simili e qualcuno di più, ora ci dobbiamo calmare e lo facciamo parlando di musica e bevendo allegramente.

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