Era il 22 giugno, ero in ferie e mi era stato regalato il biglietto per i Bad Religion all’Alcatraz di Milano. Cosa dovevo chiedere di più? Partiamo in direzione Alcatraz per vedere (per l’ennesima volta) la più grande punk rock band in circolazione, ma anche con la curiosità di vedere per la prima volta live i Rumjacks, celtic punk band australiana.
Arriviamo in quel di Milano giusto in tempo per l’inizio dei Rumjacks.
Il quintetto di Sydney mi ha stupito per la precisione e il talento espresso nella mezz’oretta scarsa di concerto: non li conosco da molto tempo, ma ho avuto modo di apprezzare l’ultimo album uscito (“Hestia” del 2021, Lou & Rocked Boys Records) del quale hanno magistralmente eseguito la title track, Through These Iron Sights e Wanderust. Come tutte le band celtic punk, si alternano momenti più veloci e punk rock (ricordo Bounding Man) a momenti in cui l’irish prende il sopravvento (cover del pezzo irish tradizionale I’ll Tell Me Ma), facendo storcere il naso ai non amanti del genere. Personalmente ritengo che i Rumjacks siano una delle band più promettenti del celtic punk (nonostante abbiano già superato i 10 anni di attività) e li approfondirò sicuramente.
Ma adesso è il momento dei Bad Religion.
Dopo un cambio palco infinito, ecco spuntare ad uno ad uno quelli che sono i miei eroi da moltissimi anni.
Non avevo ancora visto Greg Graffin e soci dall’arrivo dietro le pelli di Jamie Miller e che dire? Fenomenale nella sua capacità di rendere impeccabile ogni singolo scambio e ogni singola rullata.
Si parte con Generator e si conclude con Fuck Armageddon… This is Hell, nel mezzo tutte le canzoni che avrei voluto ascoltare: Recipe For Hate, Punk Rock Song (che vede un Brian Baker come al solito ispiratissimo), Sorrow, l’insperata Struck a Nerve, Suffer, Do What You Want, addirittura Slumber, Atomic Garden, You eccetera eccetera. Ogni singolo pezzo proposto è un sunto della storia del punk rock: tecnicamente inappuntabili, cori fatti alla perfezione (Jay Bentley sugli scudi), ritmi incalzanti, tempistiche impeccabili e scaletta quasi perfetta rendono ogni concerto dei Bad Religion un vero e proprio momento di estasi musicale.
Non ricordo in che punto della scaletta sia stato il momento in cui Greg Graffin dedica un pezzo ai punk rockers italiani citando la fanzine Mucchio Selvaggio, piccola chicca che impreziosisce una serata terminata a chiacchierare con Brian Baker al tour bus della band.
Che dire? Ogni cosa è superflua quando si parla di Bad Religion. Non ci sono parole per descrivere l’importanza di questa band californiana giunta al 43esimo (43) anno di attività, non ci sono parole per descrivere il modo in cui, dopo tutti questi anni, continuino a divertirsi e a far divertire. L’unica cosa che mi viene da fare è ringraziare i Bad Religion per la fonte d’ispirazione che continuano ad essere per me e, credo, per moltissime migliaia di punk rockers in tutto il mondo.
Uno dei concerti più belli dell’anno?
Sono i meglio… ma io rivoglio Greg Hetson. Mr. Sciarpetta deve andarsene via!
Johnny McKelvey