Adoro i side projects, quelli dove esce una parte dell’artista che a volte per svariate ragioni viene tenuta nascosta, dove scopri che oltre al tupa-tupa i ragazzi che ascolti sanno anche creare canzoni strappa-anima, canzoni che si insinuano senza chiedere permesso e ti mettono in contatto con lo stato d’animo dell’artista, che ti rovescia addosso tutto ciò che ha dentro, ansie, paure, infinita dolcezza e tanta voglia di non mollare nonostante il mondo sembra cadergli addosso, facendosi forza con la sua chitarra e quella voce così pulita e malinconica che sembra fatta apposta per cantare le situazioni in cui tutti, bene o male, ci siamo ritrovati.
Disco che inizia con un bel ritmo per poi aprire alla sola voce e chitarra per i tre pezzi più emotivamente devastanti, per poi chiudere di nuovo con una bella batteria ad accompagnare una song che tira su per bene il morale, oltre ai calici, un bell’inno alla vita; suoni davvero ben fatti, semplici e fatti per esaltare il cantato, che come avrete intuito mi ha catturato parecchio.
tracklist:
01. reason to exist
02. the best I’ve never had
03. carry the burden
04. a bunch of stupid songs
05. three cheers for the good times