E’ un mese che cerco sul web notizie sul cantante di questaband di Lodi (California) per evitare di fare brutte figure.
Così, dopo estenuanti ricerche, posso confermare con sicurezza che non ci sonoragazze in questa band. Ne sono sorpreso perché la voce angelica di Mike Jagminha creato dentro di me un senso di incertezza costante. Il cantante dei Cuginidi Campagna sembrerebbe Adriano Pappalardo a confronto. Va bè…
Chiusa questa parentesi è arrivato il momento di tornareseri e professionali (lo sono mai stato???) e recensire con oggettività“Adelphia”, ultima hit nel campo emo-screamo-pop- postqualcosa.
Se avete creste o anfibi allacciati sopra i pantaloni potetequindi passare al prossimo articolo.
Per le restanti persone proseguo invece analizzando unlavoro complicato, granitico a livello musicale, con una produzione egregiaalle spalle. Le chitarre spazzano via tutto quello che c’è attorno, la batteriaè evolutiva, tutt’altro che scontata e minimalista. Piano e rythm fannoincursioni brillanti passando un tocco di smalto a “I swear this place ishaunted” e “Air theEnlightenment”
Alcunibrani camaleontici (per esempio “See you around”) mostrano anche una certa venacreativa, in grado di sorprendere uscendo dai percorsi canonici imposti dalgenere.
Leliriche che contornano dei titoli di per sé particolari, penso a “Thank Godit’s cloudy cause I’m allergic to sunlight”, si susseguono creando una storiameno liceale di quanto potrebbero fare i Lost.
Arriviamoinfine all’aspetto più evidente (scelta del produttore???) di questo disco, levoci. Si perché se le parti scremo hanno un qualcosa che sa di “The Used” , ipuliti possono essere lontanamente avvicinati ai Coheed and Cambria. Questa èsicuramente un’arma a doppio taglio, facilmente criticabile, ma che in realtàmette gli A SKY LIT DRIVE su un piano differente (superiore) rispetto a tantealtre band in circolazione. Tutto questo credo sia perfettamente riassunto daivari universi esplorati con la canzone “Heaven”.
Daprovare per più di un ascolto, credo che a molti potrebbero piacere e non poco.I patiti del genere non avranno probabilmente bisogno di questa recensione perfarne delle icone da imitare.
Iocon tutto il rispetto torno volentieri alla voce roca di Chuck Ragan…