7″ Split Stinking Polecats e Retarded 7″ Ray Daytona e the Googoobombos – Real Black King 7″ Dangerous Chickens – s/t 7″ Hiroshima Atom Surfers – Hanging Ten In Pearl HarbourEccoci a recensire quattro dischi, quattro che in comune hanno poco, giusto la innegabile attitudine punk e l’etichetta, una one man-label (ed anche distribuzione) che porta il nome Bad Man, reperibile nella sua emanazione elettronica presso la seguente mail: [email protected] la carrellata con lo split picture di Stinking Polecats e Retarded, un disco molto interessante che affianca due tra le migliori formazioni di punk rock melodico italiane. Non si capisce come mai gli Stinking Polecats, melodici e graffianti al punto giusto, ed i Retarded, leggermente più abrasivi dei primi, non riscuotano il successo che hanno band molto meno dotate di loro. Brani come “Claire” per i primi e “Evelyn” per i secondi dimostrano una maturità compositiva notevole e un raffinato gusto melodico, paragonabile ai “maestri” Queers, e pertanto chiunque ascolti questo genere non può prescindere da questo split, che per giunta è un bel picture disc. Ascoltatelo e mi darete ragione.Confezione curata e musica altrettanto raffinata per questo interessante 7 pollici degli instancabili Ray Daytona e the Googoobombos, dal titolo “Real Black King”. Si respira tra i solchi un’aria leggermente retrò, con un retrogusto garage-rock appena accentuato, ma la melodia che viene fuori è allo stesso tempo vecchia e nuova. Vecchia perché paga inevitabilmente un tributo molto pesante a certo rock trasversale di matrice ’70, nuova perché non suona come “già sentita” e perché non appare come una copiatura spudorata dei maestri del genere. Insomma un disco interessante sotto molti punti di vista e che non smette di suscitare interesse dopo pochi ascolti.Sicuramente non si esaurisce al primo ascolto il 7 pollici omonimo dei Dangerous Chickens, band spezzina dedita ad un rock slabbrato e sguaiato che ricorda i New Bomb Turks più ispirati, e che deve molto agli Stooges riveduti e corretti. Riff ripetuti all’infinito filtrati con improbabili effetti ed una voce urlata che subisce lo stesso trattamento. Melodia ce n’è, ma è sotto un muro di chitarre e distorsioni, le idee ci sono e dopo un paio di ascolti lo si capisce anche meglio, l’originalità -quella relativa di quando si parla di punk e affini- è innegabile e speriamo di poterli ascoltare presto sulla lunga distanza perché quattro canzoni dicono tutto e niente; da approfondire.Chiudono il poker di vinili degli strani personaggi, gli scantinati marci e possibilmente maleodoranti sono stati la loro casa, almeno metaforica, ed il nome è Hiroshima Atom Surfers, che confezionano questi quattro brani dandogli il titolo di “Hanging Ten in Pearl Harbour”. Il loro è un grezzo, soprattutto nella registrazione e nella voce, garage-punk veloce con influenze americane soprattutto nell’uso della chitarra. Ricordano un po’ gli International Noise Conspiracy come attitudine, anche se il loro garage è più sporco e tirato degli svedesi. Sicuramente non è una novità del genere e non sarà il 7 pollici più bello dell’anno, ma si lascia ascoltare volentieri e canzoni come “Not My Problem” dimostrano inequivocabilmente che il rock anche nel terzo millennio è vivo e vegeto, anche se beve e fuma come pochi. Insomma un disco per chi usa il cuore e il punk nella vita più di ogni altra cosa.
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